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Ceci n'est pas un Charlie

La libertà consiste nel poter fare
tutto ciò che non nuoce ad altri

Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo, art. 4

Il problema di commentare le notizie di cronaca è che si deve scrivere di corsa, senza avere il tempo di ragionare bene sui diversi aspetti di un problema. Questo può far sì che, alle volte, si scrivano delle clamorose cazzate. Io sono piuttosto lento a capire, perciò, di solito, preferisco prendermi un po’ di tempo prima di fare affermazioni di cui poi mi potrei pentire (o vergognare), ma in questo caso preferisco scrivere subito la mia opinione, nella speranza che non sia più sbagliata di quanto sarebbe fra una settimana.

Ieri ho vissuto tutto il pomeriggio come quel personaggio di Buzzati che, seduto nello scompartimento di un treno, vede nel paesaggio intorno a sé i chiari indizi di una qualche tragedia, ma non può sapere cosa sia successo perché il treno non si ferma in nessuna stazione. Nel mio caso, però, ero io stesso a non informarmi, perché non volevo sapere. Dai messaggi su Facebook capivo che era successo qualcosa di brutto, di particolarmente brutto, ma ho preferito rimandare il più possibile la presa di coscienza definitiva; un po’ per vigliaccheria, un po’ perché era chiaro che, di qualunque cosa si fosse trattato, non ci si poteva più far nulla.
Quando poi ho saputo i dettagli dell’assalto e degli omicidii, al dolore — profondo — per le vittime, per i loro familiari e per i loro amici, si è aggiunto (come temevo) il fastidio causato dalla reazione dell’opinione pubblica all’evento. Per prima cosa ho trovato disgustosa la falsa compassione dei telegiornali televisivi, che da un lato piangevano i paladini della Libertà di espressione e dall’altro continuavano a mandare in onda le immagini dei due attentatori che davano il colpo di grazia al poliziotto davanti alla sede del giornale — specificando, però, che trattandosi di “immagini forti”, era bene non farle vedere ai bambini.
Mortacci vostra.

Altra causa di fastidio (e per: “fastidio” intendo qualcosa a metà fra l’indignazione e l’incazzatura), l’opinione dell’uomo medio sui social-network. Uno sciame di mentecatti illetterati dissertava sul Corano, sulla Bibbia o sul Vangelo, dimostrando chiaramente di non averli letti; altri, esibendo una miopia degna di Mr. Magoo, davano la colpa alla religione (o alle religioni), che è come dire: “Abbattiamo quest’albero perché due dei suoi frutti sono andati a male!”. La terza causa di fastidio (v. sopra) è stata l’alzata di scudi a favore della libertà di espressione. La libertà di espressione, in un Paese civile, non deve prescindere dal rispetto delle opinioni altrui, politiche o religiose che siano. Se da un lato è inammissibile che qualcuno prenda un AK-47 e spari a chi ridicolizza il suo Pantheon, è altrettanto inammissibile che un giornale si faccia ripetutamente beffe un Credo religioso. Non è questa la libertà di stampa. Le Religioni devono essere rispettate; non per paura e nemmeno perché te lo dice l’articolo 8 della Costituzione, ma per rispetto nei confronti dei milioni di persone che le professano con onestà. Il rispetto dei valori non può essere a senso unico: non possiamo pretendere che qualcuno rispetti il nostro diritto alla libertà di espressione se noi non rispettiamo il suo diritto alla libertà di Credo.

08-01-2015