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Avanguardie artistiche del Terzo Novecento

Gli Impressionanti

In quell’immenso calderone di nuovi fermenti che era il Cameroun del 1988, nacque e si sviluppò uno dei più decisivi movimenti artistici della storia mondiale.
Inizialmente nulla faceva presagire gli sviluppi futuri: c’erano una decina di amici che, non avendo niente da fare dalla mattina alla sera, si riunivano ora nella casa dell’uno, ora nella casa dell’altro e fra un bicchiere di vino e uno spinello discutevano attorno al problema di dare un volto nuovo all’arte, ché di quello vecchio si erano proprio stancati.

Nulla di significativo fu da loro prodotto (fatti salvi i valori medii delle transaminasi), però, fino all’arrivo nel gruppo dell’allora sconosciuto Wuolt Dishney (1959-2014), che diede nuova vita a una situazione stabilizzatasi su una sterile quanto totale abulia con una ventata di idee fresche e di pakistano di prima qualità. Fu Dishney che lasciò la maggiore impronta nelle successive teorizzazioni del gruppo, sia per il suo innegabile carisma, sia perché era lui quello che portava il fumo e allora se ne approfittava.

Nel 1990, non si è mai saputo bene ricattando chi, Dishney ottenne di allestire un padiglione dedicato al suo gruppo nell’ambito della seconda Rassegna delle Avanguardie Artistiche Camerounensi di Kolofata, e fu in questa occasione che, durante la visita al padiglione dell’ancora anonima congrega di artisti, un critico di fama mondiale nel suo Paese lanciò un tremendo urlo di raccapriccio e, poco prima di svenire, ebbe modo di sussurrare: "…sono impressionanti!..".

Solo in seguito - quando ormai non aveva più nessuna importanza - si scoprì che il commento del critico non era riferito alle opere, bensì ai loro autori, che, a trent’anni, per i continui e prolungati abusi di Bacco, tabacco, Venere e Ciocorì, ne dimostravano settanta. Dishney, seppur lievemente annebbiato dopo il settimo trombone della giornata, non si fece scappare l’occasione e battezzò il suo gruppo - e di conseguenza l’arte da esso prodotta - "impressionante".

Era l’autunno del 1990 e l’unica tela I. venduta fino ad allora era stata in realtà barattata con un panino al salame da uno dei più affamati artisti del gruppo; la stessa tela è stata recentemente venduta all’incanto per un valore pari a quello di un avviato negozio di carne suina e suoi derivati. Questo per raccontare in breve gli eventi dei mesi successivi alla mostra: gli I. esplosero.

Dishney si mise in moto e, rivelando inaspettate capacità ruffian-machiavelliche, riuscì in breve tempo a portare il suo gruppo ovunque. Fecero diciotto apparizioni televisive, tutte nella stessa domenica, si spogliarono per Playboy, si spacciarono per un gruppo sadomaso e misero in giro la voce che il rosso dei loro quadri era in realtà sangue, fecero da valletti a una trasmissione a quiz del giovedì sera e si presentarono al concorso per Miss Cameroun ottenendo piazzamenti onorevoli. In più, ogni sera si riunivano in un locale notturno di Kousseri dove Dishney declamava le sue poesie mentre gli altri componenti del gruppo, che erano decisamente più furbi, si dedicavano anima e corpo a vizi di svariata natura e portata.

C’era però molto più che una semplice e goliardica joie de vivre dietro a queste loro dissoluzioni: la posizione degli I. di fronte ai problemi del mondo, al decadere progressivo dei valori, all’aumento progressivo della violenza e del prezzo del fumo è di netta critica. Il mondo dei loro sogni è diverso, è quello che raggiungono con l’ausilio degli stupefacenti: un mondo nuovo dove non ci sono più né guerre, né fame né miseria. Un mondo ingenuo e felice come un bimbo, dove le galline, liberate dalla loro attuale, ignominiosa condizione, possono volare felici e gli elefanti belano felici divorando montagne di burro alle arachidi.

Nei primi tempi di attività, gli I. avevano tentato più volte di denunciare nelle loro opere il pericoloso degrado dell’ambiente, ma non avevano mai ottenuto la minima attenzione da parte delle autorità competenti [1]. L’arrivo di Dishney, però, cambia le carte in tavola e, portando gli I. alla ribalta, rende il loro modo di vivere sintomatico di una particolare visione della vita e dell’esistenza. Il loro nuovo ruolo di opinion-makers assunto nei mesi successivi la Rassegna, fa sì che ad ogni loro gesto e perfino ad una loro scorreggia [2] si attribuiscano dei valori simbolici reconditi, rivelanti segreti turbinii all’interno dell’artista.

Da questo alla Gloria, il passo è, logicamente, molto breve, anche se - a voler guardare bene - non è che gli I. abbiano poi realizzato un gran numero di opere. Ma anche in questo caso bisogna stare attenti, perchè la scarsezza di opere, in contrasto con la grande quantità di teorizzazioni, è rivelatrice di quella rassegnazione di fondo, di quell’ammissione dell’impotenza dell’arte di fronte ai problemi del Mondo, tipica dell’ideologia I. D’altro canto, va notato che, malgrado l’esiguo numero di lavori prodotti, è difficile trovare in essi un comun denominatore. Nell’ "Apollo e Fonzie" di Dishney, per esempio, la stesura è rapida: con pochi colpi di pennello l’artista risolve il tutto e, felice del lavoro compiuto, va a rollarsi una canna, mentre invece ne "Il canguro di Saturno", di C.Unnilinghus (1965-2118), l’impostazione è chiaramente puntillinista, a esclusione della famosa macchia di colore rosso nell’angolo superiore destro del dipinto, per anni ritenuta acrilico e solo recentemente rivelatasi come la conseguenza nefasta di una bevuta a stomaco vuoto. Infine, nell’opera "Le déjeuner sur l’hashish" di Rita Ardata (1955-mercoledì scorso, poveraccia), temi rappresentativi idilliaco-onirici si fondono ad una rappresentazione estremamente puntigliosa, che più di un critico ha paragonato allo stile incommensurabile del Grande Leonardo [3].

Caratteristiche differenti da artista ad artista, quindi, e anche fra le opere di uno stesso autore. Lo stesso Dishnej, per esempio, da un periodo rosso passa ad un periodo bianco frizzante per approdare infine al periodo Champenoise della maggiore popolarità. Periodo, questo, che è tutt’ora in corso, infatti il gruppo degli I. non si è mai sciolto e, di tanto in tanto, uno di loro sforna una nuova opera per pagare il conto della birreria o del suo pusher. Com’è ovvio, però, una volta raggiunta la notorietà e la conseguente stabilità economica, la sostanziale ignavìa degli autori ha avuto la meglio sul loro desiderio di creare un mondo migliore e il potere evocativo delle loro opere è andato sfumando.

Niente di valido, per opinione comune, è stato fatto dagli I. dopo la morte di Dishnej, sia per la mancanza di un capo spirituale sia perchè la roba che comprano adesso non vale granché. Parte della critica sostiene perfino la tesi secondo la quale gli I. sono stati un bluff sin dall’inizio e che dietro al loro successo c’era, in realtà, solo l’affiliazione al potere occulto degli spacciatori di droga e dei venditori di caldarroste che, come si sa, in Cameroun detengono il controllo dell’economia.

Noi non ce la sentiamo di dare per accettabile questa tesi che abbiamo riportato solo per uno scrupolo di completezza e crediamo che chiunque abbia visto una foto del gruppo degli Impressionanti al completo non esiterà a darci ragione.

Note

  1. E qui la critica concorda nell'affermare che ciò sia dovuto principalmente al fatto che dette opere erano disegnate a penna sui fogli di carta che fungevano da tovaglia nella pizzeria di Tokombere dove il gruppo si riuniva all'epoca.
  2. Secondo parte della critica, nemmeno voluta.
  3. Leonardo Grande (Molfetta 1954 - Spazio 1999).

05-06-1981