di: Don Struzzo
Conobbi R.Canaro anni addietro, quando ero ancora in seminario.
Di lui, ricordo ancora, mi colpì la frase:
“Ah, lei è in seminario. Curioso, non sapevo che a voi preti fosse permesso di donare lo sperma”.
Successivamente seguii con apprensione il processo a suo carico per abigeato e violenza sugli animali (processo dal quale, com’è noto, uscì impunito perché nel frattempo aveva sposato la mucca) e i suoi primi passi nel campo della critica d’arte. Fui uno dei suoi più accesi sostenitori quando promosse una campagna referendaria per cambiare in Ottembre il nome del mese di Ottobre (armonizzandolo così con Settembre e Novembre) e tifai per lui durante il suo tentativo di attraversare lo stretto di Messina su una zattera fatta di carte di credito (record - questo - che non gli è mai stato omologato perché all’arrivo si scoprì che una Mastercard era scaduta).
Cosa dire quindi di lui che non sia già stato detto, ma soprattutto, perché dirlo? Se già l’arte di per sé è un’attività parassitaria, la critica d’arte è di certo il sistema più vile e disonesto di guadagnarsi da vivere. Infatti, essendo l’Arte una forma di comunicazione, se non la capiamo i casi sono due: o è colpa nostra che siamo poco ricettivi (e non sarà il commento di un critico a colmare questa nostra lacuna) oppure è l’artista stesso che è poco comunicativo e anche in questo caso non potrà essere l’opera del critico a sanare il problema.
Aggiungete a questa delittuosa inutilità di base un cervello dall’intelligenza pressocché assente, dalla fantasia perversa e in uno stato di progressiva quanto inesorabile dissociazione dalla realtà ed ecco che avrete un’ idea, seppur parziale ed edulcorata, della personalità di chi ha scritto le pagine che seguiranno queste mie.
Cosa dire quindi di lui e soprattutto: cosa dire che possa valergli una condanna a morte per crimini contro il Genere Umano? Nulla, purtroppo. In una società come quella attuale, in cui ogni sano valore morale è stato sepolto sotto una montagna di biechi interessi materiali, in cui le mammelle contano più dei neuroni, in cui, infine, gli unici valori riconosciuti sono la vulva e la Volvo, tutto è concesso, se non doveroso e anche noi, che dovremmo essere il Faro che rischiara le tenebre indicando al marinaio la rotta da seguire, perfino noi non possiamo che adattarci rassegnati al mutare dei tempi.
Così, non abbiate paura, leggete pure questi “saggi”, invischiatevi nelle turpi menzogne e nelle indicibili nefandezze che ogni loro riga rigurgita; cullatevi nel caldo liquame della loro allusività ammiccante, del loro umorismo di grana grossa e sappiate che tutto ciò non è che lo specchio dei tempi in cui vivete, del tempo che vi meritate, sozze anime di inveterati peccatori!
Per coloro che invece prediligessero letture più pie ed edificanti, consiglio il mio opuscolo: “Scaccolarsi il naso, è peccato?”, reperibile da oggi in tutte le edicole e tabernacoli.