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I tre porcellini

Tanto tempo fa, in un Paese operoso e fattivo, vivevano tre fratelli, ciascuno con la sua piccola impresa nel terziario avanzato. Un giorno, il maggiore dei tre fratelli, Dino, convocò nel suo ufficio gli altri due, Gino e Pino e gli comunicò, con una certa enfasi, di aver creato la sua intranet aziendale.
- Intranet? - chiese Pino.
- Ma non si chiamava. Internet? - aggiunse Gino.
- Internet è una rete pubblica e si estende su tutto il Pianeta, - spiegò Dino, mentre, con i due fratelli, prendeva posto nelle comode poltrone del suo studio. - Una intranet, invece, è una rete privata che non si espande su suolo pubblico. Se una rete privata si estende anche su porzioni di suolo pubblico, diventa una extranet.
- Confuso, come tuo solito, - commentò Gino.
- E a che ti serve una rete interna? - chiese Pino, meno critico nei confronti del fratello.
- A migliorare i flussi informativi fra le diverse funzioni aziendali e a snellire le procedure di vendita.
Dino prese un sigaro dall’umidificatore e gli tagliò via una delle estremità. I suoi fratelli lo imitarono.
- Non ho capito, spiegati meglio ché mi interessa, - ammise Pino, mentre aspettava che si rendesse disponibile il taglia sigari.
- A me interessa solo se è un sistema per guadagnare di più, - commentò Gino.
Dino si appoggiò allo schienale della poltrona ed emise un lungo e voluttuoso sbuffo di fumo.
- Attualmente, come lavorano i tuoi commerciali? - chiese al fratello più piccolo, che accolse la domanda con un certo stupore.
- Lo sai: la mattina vengono in ufficio, prendono le schede dei contatti da visitare, poi cominciano il loro giro.
- E una volta che sono dal cliente? come si comportano in caso di vendita?
Pino interruppe il rito dell’accensione del sigaro e fissò stupito il fratello.
- Andiamo, Dino, me le hai insegnate tu queste cose!
Spostò lo sguardo su Gino, sperando in un aiuto, ma invano. Aveva fatto male a dimostrarsi interessato: adesso ne doveva subire le conseguenze.
- Diglielo, dai, se no non va avanti, - lo incitò il secondogenito. Pino si rassegnò.
- Il commerciale va dal cliente e gli illustra la nostra offerta.
- Come?
- Ha un campionario, ovviamente. Vuoi che ti spieghi cos’è un campionario?
Dino fece cenno di no con la testa mentre aspirava una boccata di fumo. Lasciò la conversazione in sospeso per il tempo che gli ci volle ad assaporare il gusto del tabacco sulla lingua, poi espirò una nuvoletta grigia e chiese:
- E ogni quanto lo aggiornate il campionario?
- Ogni sei mesi.
- Fate mai delle modifiche prima dello scadere dei sei mesi?
- Qualche volta può capitare.
- E come riportate le modifiche sui campionari in possesso dei commerciali?
Era troppo: Pino poteva anche accettare di essere messo in mezzo per un po’, anzi, gli faceva pure piacere, era così raro che loro tre riuscissero a trovare il tempo per stare insieme, ma adesso Dino stava esagerando. Sbottò:
- A matita, a penna, a calci: come accidenti vogliono! Ma mi stai prendendo in giro?
- Assolutamente no, - disse serio Dino. - Su, vai avanti. Eravamo rimasti che il commerciale va dal cliente e gli illustra la vostra offerta con il campionario modificato a matita.
- Dino, piantala! - intervenne finalmente Gino, trattenendo a fatica un sorriso.
- Va bene, scusa. Mi è scappato, - fece cenno a Pino di andare avanti.
Pino cominciava ad averne abbastanza di quello sfottò, ma proprio per questa ragione decise di non cedere e di andare fino in fondo. Finì di accendere il suo sigaro e rispose:
- Se il cliente decide di acquistare, il commerciale compila l’ordine, glielo fa firmare, gli stringe la mano e prosegue il suo giro.
- Ottimo. E che ne è dell’ordine?
- Uffa! Alla fine della giornata, o la mattina dopo, il commerciale lo porta in ufficio e lo invia all’ufficio vendite. L’ufficio vendite verifica la disponibilità di magazzino e se i pezzi ordinati ci sono, bene, prepara l’invio, se non ci sono effettua un ordine alla casa madre.
Dino era di nuovo serio adesso. Chiese:
- In quest’ultimo caso, riesci sempre a rispettare i tempi di consegna stabiliti con il cliente?
- Non sempre.
- E capita mai che due ordini si sovrappongano? Voglio dire, cosa succede se due commerciali ti portano contemporaneamente degli ordini che, da soli, esauriscono le scorte di magazzino?
- Teoricamente dovrei assegnare le giacenze di magazzino a quello che ha effettuato per primo l’ordine, ma di solito i pezzi se li cucca il commerciale più bravo, o il più anziano, a seconda dei casi.
- Anche da me facciamo la stressa cosa, - confermò Gino, che fino a quel momento si era tenuto prudentemente nell’ombra.
- E anche qui succedeva lo stesso, ma di solito si finiva per discutere con i commerciali, con i clienti o con tutti e due.
- È inevitabile, - asserì Pino.
- È la prassi, - precisò incautamente Gino.
Dino sorrise: finalmente poteva cambiare vittima.
- Vedremo. Senti, Gino, l’ordine del commerciale, quante riscritture subisce?
Gino si diede dell’idiota per essersi fatto coinvolgere così ingenuamente in quella sorta di tiro al bersaglio verbale, ma mantenne una maschera impassibile.
- Almeno due, una all’ufficio vendite e..
Dino lo interruppe:
- Capita mai che, nella riscrittura, ci siano degli errori?
- Ovviamente sì, - rispose Gino, seccato per l’interruzione.
- Quindi può succedere che si inviino al cliente delle cose che lui non ha richiesto.
- Càpita.
- Sbagliare è umano, - si lasciò scappare Pino, ma senza conseguenze: anche Dino si era stancato di quel gioco e tagliò corto:
- Allora, ricapitolando, il giro del fumo è questo: c’è chi vende, chi acquista, chi gestisce l’ordine e chi gestisce le merci. Ciascuno di questi soggetti opera in autonomia, se non in concorrenza con i colleghi. Le informazioni che si producono o si raccolgono durante il processo di vendita sono duplicate e suscettibili di errore.
- È un po’ semplificato, ma è così, - ammise Pino.
- Molto semplificato, - corresse Gino.
- E non ci siamo minimamente occupati della contabilità.
Gino guardò con odio il fratello minore.
- Né ce ne occuperemo, mi sono annoiato abbastanza.
- Non vi preoccupate, - intervenne Dino - abbiamo quasi finito. Voglio solo che pensiate a quanto vi costano ogni anno le inefficienze che abbiamo elencato finora.
- Ma che, ci vuoi male? - chiese Pino, facendo cadere involontariamente la cenere del suo sigaro sulla moquette. Gino si alzò e si avviò verso la porta dello studio.
- Be’, io vado.
Per nulla impressionato, Dino si alzò a sua volta e andò alla scrivania.
- Lo sai cos’è questo? - chiese al fratello fuggiasco.
Gino si voltò, ma quello che vide lo lasciò deluso:
- Un computer portatile.
- Precisamente, - disse Dino, poi accese il computer e fece cenno ai due fratelli di avvicinarsi.
- Venite qui.
Mentre il computer portatile si avviava, Gino e Pino si misero alle spalle del fratello e lo osservarono armeggiare con la tastiera e il mouse.
- Quella che vedete è la pagina iniziale del sito Web della mia società, - spiegò Dino.
- Facendo click qui.. - selezionò con il mouse uno dei link della pagina e attese in silenzio alcuni secondi, mentre il browser caricava il nuovo documento - .. OK, siamo nell’area privata. Si inseriscono il nome utente e la password.. e voilà! Il gioco è fatto.
- Ti sei messo a vendere software? - chiese Gino, caustico. Dino lo osservò sconsolato.
- Siete degli aridi. Siete sempre stati degli aridi, - constatò con un sospiro, poi chiuse il portatile e tornò a sedersi sulla sua poltrona.
- Abbiamo messo in rete tutto, - annunciò trionfante, mentre i due fratelli lo raggiungevano.
- Database dei clienti, campionario, contabilità, magazzino.. Tutto quanto. I miei commerciali vanno dal cliente, accendono il loro portatile e gli fanno vedere il campionario, che si sono scaricati, aggiornato, via rete. Se il cliente vuole comprare, si collegano al sito privato, dove possono verificare la disponibilità dei pezzi richiesti o i tempi di consegna nel caso non ci siano scorte di magazzino. Fatto ciò, non resta che immettere i dati dell’ordine nell’apposita pagina di input e inviare il tutto al sistema centrale perché lo memorizzi nella base dati. Il sistema, in risposta, visualizza una pagina di conferma che il commerciale stampa e consegna al cliente come ricevuta: fatto. Aspirò lentamente dal suo sigaro, gustandosi il silenzio dei suoi due fratelli, poi aggiunse:
- Lo stesso tipo di gestione automatizzata vale anche per l’ufficio vendite e per il magazzino, ovviamente.
Colpiti e affondati. Fu Pino il primo a rompere il silenzio:
- Impressionante, - andò alla scrivania del fratello e riaprì il computer portatile, che riprese lentamente i sensi.
- Ma non è rischioso rendere pubblici i tuoi dati? - domandò Gino.
- È qui il bello: non sono pubblici. Tu puoi entrare nel sito privato solo se sei un utente registrato del sistema e fornisci la password corretta.
- Geniale, - asserì Pino, mentre curiosava a colpi di mouse nel sistema informativo del fratello.
- Ma probabilmente costoso.
Dino aspirò una boccata di fumo e sorrise pensando a quanto poco fossero cambiati da quando erano dei bambini: lui era sempre il più intraprendente, quello che escogitava sistemi sempre nuovi per rischiare di rompersi l’osso del collo; Gino, se non altro per dimostrare di non essere un suo succube, aveva un atteggiamento critico, mentre Pino si entusiasmava e si gettava subito e volentieri in ogni nuova avventura.
- Certamente non a buon mercato, - rispose - ma vi posso assicurare che ne vale la pena.
Quell’accenno a possibili ricavi, come sperato, aprì una prima breccia nel distacco di Gino.
- E tu mi dici che non c’è pericolo che uno di quegli.. come si chiamano?
- Gli hacker? - interloquì Pino, senza interrompere il suo pellegrinaggio informatico.
- ..che un hacker riesca a entrare e ti cancelli tutti i dati?
- Una percentuale di rischio c’è sempre, - ammise Dino - ma si tratta di una percentuale piuttosto bassa e comunque effettuiamo un backup giornaliero di tutti i dati.
Pino alzò finalmente gli occhi dallo schermo e chiese:
- E se qualcuno cerca di entrare per leggersi il tuo fatturato o l’elenco dei clienti?
- Abbiamo un firewall, un application server multilivello e delle regole ferree per la gestione delle password.
- Adesso che hai fatto sfoggio di competenza specifica, per favore, ci spieghi cos’hai detto?
Il bello di Gino era che le sue obiezioni erano sempre prevedibili. Probabilmente era per questa ragione che i suoi dipendenti lo adoravano.
- Il firewall è un apparato che filtra il flusso dei dati in ingresso per verificare che nessuno cerchi di fare il furbo, - spiegò Dino, paziente. - Avere un application server multilivello vuol dire che la base-dati non risiede sul server Web ed è accessibile solo da una serie limitata di funzioni predefinite in modo che se anche un hacker riuscisse a violare il server Web, per mettere il naso nei miei affari dovrebbe ancora scoprire dove stanno i dati e come sono organizzati.
- E le password? - chiese Pino, la cui password era da anni: “pino”.
- Devono essere almeno di otto caratteri e contenere sia segni di interpunzione che numeri.
- Perché? - chiese Gino, mentre, non visto, Pino si rabbuiava.
- Perché così è più difficile scoprire quali siano. La password che avevo fino alla settimana scorsa era: “61qlor8?”, che rispetta le regole imposte dai miei amministratori di rete e, in più, è facile da ricordare.
- E adesso che password usi, “61-mato”?
- Dacci un minimo di soddisfazione, - disse Pino tornando a sedersi con i fratelli. - Quanto ti è costata l’operazione?
- Di più, - rispose Dino - ma penso di riuscire ad ammortizzarla in meno di due anni. Mi sono rivolto a una piccola società che mi ha consigliato un amico. Il primo impatto è stato po’ critico..
- Hanno messo le mani addosso alle tue segretarie? - chiese Pino.
- Il loro direttore tecnico si è presentato in calzoncini corti e maglietta.
- Avranno saputo che per risparmiare, tieni al minimo l’aria condizionata, - lo sfotté Gino.
Quello era il divertente di essere in tre: c’erano sempre una maggioranza e una minoranza e la maggioranza metteva in mezzo la minoranza. Adesso toccava a Dino fare da bersaglio, ma non gli dispiaceva affatto.
- Può darsi. Mi hanno lasciato parlare per due ore senza dare nessun segno di vita, poi hanno annuito e se ne sono andati.
- Simpatici! - commentò Pino, ma Dino non aveva ancora finito:
- La mattina dopo mi chiama il direttore tecnico e mi dice che l’offerta era nel computer della mia segretaria.
- Comoda, la posta elettronica..
Dino scosse il capo.
- Non l’avevano mandato per posta elettronica: avevano violato il computer e ce l’avevano copiata dentro.
L’affermazione fece l’effetto che Dino sperava. Un suo racconto non aveva mai ricevuto così tanta attenzione da parte dei fratelli da quando, a diciotto anni, era tornato da Amsterdam.
- Nell’offerta c’era tutto quello che gli avevo chiesto, un paio di cose che non mi ero immaginato neppure che si potessero fare e, in allegato, un elenco dettagliato di tutti i buchi di sicurezza che aveva il nostro sistema attuale.
La maggioranza, magnanimamente, si mostrò stupita.
- Si erano dati da fare eh?
- Ovviamente hai accettato l’offerta, - disse Gino.
- Ovviamente. Abbiamo avuto qualche problema con l’orario di lavoro, ma per il resto..
- Che tipo di problemi? - chiese la maggioranza.
- Arrivavano alle undici e andavano via alle due di notte. Qualche volta hanno dormito addirittura qui, sulle scrivanie.
- Si vede che si trovavano bene, - Gino sottolineò la sua affermazione sprofondandosi ancora di più nella sua poltrona. Dino proseguì il suo racconto:
- Una volta, uno della sorveglianza li trova a lavorare senza autorizzazione, saranno state le due di notte, e gli pianta un mezzo casino.
- Faceva il lavoro suo..
- Sai cosa gli hanno risposto? Che se avessero voluto entrare clandestinamente nei nostri sistemi lo avrebbero fatto direttamente da casa.
- Un’argomentazione ineccepibile, - dovette ammettere Pino.
- Il fatto è, secondo me, che loro non lo vedono come una costrizione, a loro piace lavorare con i computer: è una specie di gioco, - affermò Dino, ma Gino scosse la testa.
- Se è così, perché si fanno pagare?
- Un’altra argomentazione ineccepibile.

Inutile a dirsi, dopo quella conversazione sia Gino che Pino decisero di mettere su la propria intranet. Contattarono la società che aveva lavorato per Dino ed ebbero così modo di constatare di persona che quanto gli aveva raccontato il fratello riguardo il loro atteggiamento informale corrispondeva al vero (il famoso direttore tecnico non solo si presentò in calzoncini corti e maglietta, ma arrivò alla riunione con una lattina di Coca-Cola in mano). Al momento di avviare i lavori, però, Gino e Pino, seguendo ciascuno le proprie inclinazioni personali, seguirono strade diverse da quella su cui viaggiava, sicuro, il loro fratello maggiore. Strade, come vedremo, molto, molto pericolose.
Gino, che aveva ritenuto quasi offensiva la cifra in fondo all’offerta per la realizzazione della sua intranet, decise di chiedere dei preventivi ad altre società e scelse poi quella che aveva praticato il prezzo più basso. Pino, giovane ed entusiasta, si comprò una pila di libri, si abbonò a una mezza dozzina di riviste specializzate e decise che la sua rete se la sarebbe messa su da solo.
Dino, dal canto suo, fece il possibile per cercare di dissuaderli e di metterli in guardia rispetto ai possibili rischi cui si stavano esponendo, ma invano. Era il normale processo di competizione fraterna che li accompagnava dall’infanzia, ma mentre fino a quel momento il campo di battaglia era stata la ben nota pianura dei Beni Materiali (in questa categoria erano comprese, ovviamente, anche le donne), ora la lotta si svolgeva in una jungla insidiosa che loro non conoscevano affatto.
Non potendo fare altro, Dino decise di chiedere aiuto alla società che aveva messo in piedi la sua rete locale e che ne curava ora la manutenzione. Si decise a questo passo solo quando capì che tutte le altre strade gli erano precluse, perché si sentiva in imbarazzo nei loro confronti per il comportamento dei suoi fratelli e cercò di farla sembrare una cosa casuale. Evitò quindi una riunione nel suo ufficio e, invece, fu lui ad andare nel CED un giorno in cui sapeva di trovarci l’uomo con i calzoncini corti.
- Ah, i suoi fratelli, certo che mi ricordo, - disse il direttore tecnico senza alzare gli occhi dal fumetto giapponese che stava leggendo. Sullo schermo del computer di fronte a lui, delle righe di testo incomprensibili si susseguivano velocemente.
- So che non si sono comportati proprio correttamente nei vostri confronti, ma.. - l’altro alzò gli occhi stupito:
- Perché? - chiese. La domanda colse Dino impreparato.
- Be’, voi gli avete dedicato del tempo e loro si sono affidati ad altri..
- E allora?
Dino rimpianse la scelta di non aver tenuto quella conversazione nelle pareti ospitali del suo ufficio, dove era perfettamente chiaro chi fosse il capo e chi i subalterni: quel ragazzo di nemmeno trent’anni aveva il potere di farlo sentire un completo imbecille.
- Voglio dire, - continuò il direttore tecnico - che è andata bene così: loro, per risparmiare, faranno fare il lavoro a uno dei tanti dilettanti che ci sono là fuori, il dilettante li metterà sicuramente in qualche casino e quando saranno con l’acqua alla gola ci chiameranno per tirarli fuori dai guai.. - sorrise e aggiunse:
- Ovviamente a quel punto il prezzo non sarà più lo stesso.
Dino era senza parole. L’unica cosa a cui riusciva a pensare, paradossalmente, era la misteriosa ragione per cui uno dei personaggi del fumetto si trasformasse in un panda se gli tiravano addosso dell’acqua. Per sua fortuna, l’altro venne in suo soccorso:
- Vuole che gli dia una controllata ogni tanto, per essere sicuri che non si facciano male?
Dino annuì, riscuotendosi dal trance.
- Sì, ve ne sarei grato.

La scelta di far sorvegliare l’operato dei suoi fratelli, mise in pace la coscienza di Dino, ma non diminuì né la varietà né l’entità dei rischi a cui questi si esponevano, come dimostrò chiaramente (per quanto questo termine possa applicarsi a un documento redatto da un informatico) il rapporto finale del direttore tecnico.
La rete locale di Gino era improntata al risparmio. Questa scelta “architetturale”, se da un lato era stata positiva perché l’aveva portato ad adottare lo stesso software di gestione utilizzato da Dino (trattandosi di free software non richiedeva il pagamento di licenze d’uso), sul fronte hardware si era dimostrata pericolosissima, perché tutti i servizi di rete - firewall, proxy server, web server e base-dati - risiedevano su uno stesso computer, di qualità nemmeno elevata. Se fosse successo qualcosa a quel computer (a causa o di problemi interni o per un attacco esterno) tutto il sistema sarebbe stato in ginocchio.
Pino si era comportato in maniera opposta, ma altrettanto pericolosa: per l’hardware aveva fatto la scelta corretta, distribuendo i diversi servizi su computer differenti (addirittura, aveva affidato le funzioni più importanti a server gemelli, in modo che se uno dei due avesse avuto un guasto, l’altro avrebbe potuto mantenere comunque attivo il servizio), ma con il software aveva compiuto quello che, nel documento era definito come “un suicidio tecnologico”.
Cos’era successo: dovendo configurare e gestire autonomamente la propria rete, quando Pino si era trovato a dover scegliere fra il software gratuito, ma di complessa configurazione adottato dai suoi fratelli e un software tutt’altro che gratuito, ma di facile utilizzo, aveva scelto quest’ultimo. Solo che, come tutte le cose facili da usare, il software scelto da Pino era anche facile da usare male.
L’immediatezza d’uso dell’accattivante interfaccia grafica gli aveva in effetti permesso di ottenere dei risultati in breve tempo e quasi senza leggere i manuali, ma quella configurazione del sistema era adatta tutt’al più a fungere da ambiente di test; per poter essere messa in produzione doveva essere adeguatamente configurata in termini di sicurezza e affidabilità.
Questo sui manuali ovviamente c’era scritto, ma Pino, come si è detto, i manuali li aveva appena sfogliati (“I manuali sono per i codardi”, amava ripetere) e così si era illuso di poter affidare i suoi segreti aziendali a quella specie di groviera informatico che aveva messo su. Dino lesse tutto questo e molto altro ancora, poi guardò il bizzarro individuo in calzoncini corti che era seduto dall’altra parte della sua scrivania e chiese:
- Secondo lei quanto potranno andare avanti?
- Finché un hacker non si accorge della loro esistenza.
- E in quel caso, quante possibilità hanno di sopravvivere a un attacco?
L’altro, stavolta ci pensò un poco prima di rispondere:
- Be’, forse l’hacker potrebbe rinunciare perché è troppo facile..

Le previsioni del direttore tecnico non tardarono a dimostrarsi corrette: tutto andò bene (“bene” solo nel senso che non ci furono attacchi: durante quelle poche settimane Dino ricevette almeno una telefonata al giorno da parte di uno dei suoi fratelli, in crisi perché il suo sistema non funzionava) finché non divenne di pubblico dominio un “buco” di sicurezza del server Web utilizzato da Pino.
Si trattava di un problema piuttosto grave, perché rendeva possibile - per mezzo dell’invio di un pacchetto di dati opportunamente configurato – l’accesso al server con privilegi di amministratore del sistema e anche se la ditta produttrice del software aveva già preparato e reso disponibile su Internet un service-pack, che permetteva di correggere l’errore, gli hacker di tutto il Pianeta cominciarono a cercare nella rete i server ancora vulnerabili.
Inutile dirlo, il Web server di Pino apparteneva a quest’ultimo gruppo: non seguendo i newsgroup sulla sicurezza, il suo amministratore era del tutto ignaro del problema e si accorse che qualcosa non andava quando ormai era troppo tardi: la sua rete, un tempo privata, era ormai pubblica.
Subito telefonò a Dino, implorandolo di aiutarlo e Dino, inevitabilmente, andò a cercare il suo angelo custode.
- Certo che lo so, - rispose il direttore tecnico, senza distogliere gli occhi dallo schermo, mentre le sue dita battevano sui tasti a una velocità proibitiva anche per un’esperta dattilografa. - Anche noi siamo sotto attacco, come tutti.
- Siamo sotto attacco?! - chiese Dino, allarmato.
- Da stanotte. Non ha letto il mio messaggio?
- No, appena arrivato in ufficio sono andato in riunione. Cosa comporta per noi?
- Un po’ di rallentamento della rete e qualche ora di sonno in meno per me.
- Nient’altro?
Il direttore tecnico smise di digitare e lo fissò, platealmente offeso.
- Va bene, - disse Dino con tono di scusa - Per mio fratello cosa posso fare?
- Gli dica di staccare il server dalla rete e di fare un backup completo.
- Pensa che possa aver perso dei dati?
- Non ne ho idea, ma gli hanno appoggiato sul server un sito porno e volevo dargli un’occhiata.
Dino stava per chiedere qualcosa, ma in quel momento squillò il telefono e il direttore tecnico rispose.
- Sì.. Va bene, me lo passi.
Guardò Dino con occhi vacui.
- È suo fratello.
Dino gli fece cenno di passargli la cornetta, ma l’altro rispose:
- Vuole parlare con me..
La conversazione fu piuttosto breve (come Dino aveva imparato, il direttore tecnico non aveva mezze misure: o era prolisso o era criptico e stringato) e sostanzialmente ricalcò quella che c’era stata fra loro poco prima, concludendosi con un prevedibile:
- Va bene, mi mandi i vostri script di configurazione, vedrò cosa posso fare.
Il direttore tecnico mise giù la cornetta, poi fissò Dino, sorridente.
- Cosa le avevo detto?
- A che proposito? - chiese Dino.
- La prossima settimana ci incontriamo per definire un piano di ristrutturazione della rete di suo fratello. Lui avrebbe voluto che ci incontrassimo oggi, ma sono troppo stanco.
Dino emise un respiro di sollievo.
- Sia lodato il Cielo! - esclamò - Pino non può gestire un’azienda e una rete locale allo stesso tempo.
Il direttore tecnico lo fissò stupito e disse:
- Guardi che al telefono era suo fratello Gino.

01-01-1997