Virtual C@naro

Elefantentreffen 2001

Primo giorno

L’unica cosa più noiosa della strada per l’Elefantentreffen, sono i resoconti di viaggio sull’Elefantentreffen.
Il rendermi conto di questa misconosciuta verità mi ha portato a decidere due cose: la prima è che il prossimo anno a febbraio io me ne vado in Libia e il resoconto del viaggio fino a Solla me lo invento di sana pianta sorseggiando del té nell’assolata veranda di un albergo; la seconda è che quest’anno descriverò qui non già i ben noti aspetti meterologici e motociclistici del viaggio, ma la sua componente umana: ciò che la quotidianità con il rischio ci insegna su noi stessi e sulle persone che ci sono intorno e che crediamo di conoscere bene.

Io e Ciccio lavoriamo insieme in completa sinergia, quella stessa sinergia, per capirsi, che unisce le petroliere naufragate e gli ambientalisti. Entusiasta per natura (forse è più corretto dire "esaltato" per natura) e motociclista da sempre, quando mi ha sentito parlare dell’Elefantentreffen, Ciccio si è subito offerto come compagno di viaggio.
Io, inopinatamente, ho accettato.
Appuntamento alle otto alla stazione di servizio di Fiano Romano. Io, che alle otto sono ancora a via Veneto, chiamo Ciccio e gli dico di andare avanti senza aspettarmi, tanto, con la mia K100 non dovrei avere problemi a riprendere la sua DR600.
Mentre più tardi attraverso con prudenza il canalone della Orte Nera, trovo conferma a una mia vecchia teoria: gennaio è il periodo migratorio delle centrali elettriche, particolarmente di quei pezzi delle centrali elettriche che non possono essere caricati su un camion normale, ma hanno bisogno di un trasporto eccezionale. Perché li si incontri sempre in situazioni dove un sorpasso sia sconsigliabile, è un mistero che la mente umana non è in grado di investigare.
I miei calcoli prevedevano un ricongiungimento con Ciccio entro un’ora e mezza, massimo due, ma quando arrivo a Sansepolcro, del mio compagno ancora non v’è traccia. Mentre sono in un autogrill a bermi una cioccolata calda prima di affrontare l’Appennino, un messaggio sul cellulare mi avvisa che Ciccio é uscito a Perugia a comprarsi un sottocasco. Non ho tempo di domandarmi perché non se lo sia comprato ieri, quando siamo andati a fare le ultime spese prima di partire: sta cominciando a nevischiare e voglio svalicare il prima possibile.
A parte qualche lieve contrattempo (una bufera di neve e un tratto ghiacciato con strettoia finale), il passaggio dell’Appennino non presenta particolari difficoltà e, intorno all’ora di pranzo, mi fermo appena dopo l’uscita di Ravenna per fare benzina. C’è un bel vento freddo, ma il cielo è pulito. Mentre sono lì arriva Ciccio, tutto esaltato dopo il suo primo impatto con le avversità tipiche di questo viaggio. Facciamo un breve punto della situazione e scopro che non ha trovato un sottocasco, così gli dò quello di cotone che mi sono portato come riserva, poi ce ne andiamo a pranzo.
Entriamo in un ristorante a conduzione familiare e ci sediamo accanto a un tipo grassoccio che ci osserva interessato mentre riduciamo il numero di strati del nostro abbigliamento.
"Oggi c’era un motociclista caduto sull’autostrada per Milano." ci informa premuroso. Io e Ciccio ci assestiamo il cavallo dei pantaloni.
"Faccio il camionista. Quando ne vedo uno per terra non mi fermo mai. Quelli se la cercano, ti passano accanto come razzi…"
I signori seduti al tavolo di fronte intervengono in favore della categoria, ma il trasportatore è inflessibile e si innesca una piacevole conversazione sui rischi delle due ruote, con descrizione particolareggiata degli incidenti più spettacolari cui ciascuno abbia avuto il privilegio di assistere.
Io e Ciccio per un po’ sopportiamo, poi cominciamo a disquisire fra noi sulla pericolosità della vita degli autotrasportatori: rapine che sfociano in omicidi, colpi di sonno con conseguenze fatali, incidenti causati dalla nebbia o dal maltempo… Per fortuna dopo un po’ arriva la pasta e tutto il resto passa in secondo piano.
La Romea trascorre monotona, mentre il tratto autostradale sulla Venezia-Trieste è allietato dalla sopravvivenza di Ciccio a un paio di incidenti mortali. Al calare delle tenebre, decidiamo di pernottare a Portogruaro.
A Portogruaro non c’ero mai stato prima: carina, quieta ed educata, ma capiamo ben presto come mai tutte le agenzie immobiliari abbiano degli uffici faraonici: trovare un albergo è pressocché impossibile, si fa prima a comprare una casa.
Alla fine per fortuna l’albergo esce fuori , ma la stanza ha una sinistra particolarità: è il luogo più caldo del Pianeta. Quando apriamo la finestra per rinfrescare un po’ l’ambiente, le correnti fredde esterne e quelle tropicali interne si incontrano e per il nostro davanzale comincia la stagione dei monsoni.
Mentre un antipastino a base di lardo di Colonnata e del buon vino rosso riportano il sorriso sui nostri volti, condivido con Ciccio le sensazioni suscitate in me dal tratto di strada appena percorso.
La prima sensazione è che lui - abituato a viaggiare in sella alla sua Ducati 900 SS (un oggettino che - le rare volte in cui funziona - ha una velocità di crociera di 160 Km/h e che può raggiungere una velocità di punta in occasione dei sorpassi, di circa 180 Km/h) - non si sia reso conto di guidare adesso una Suzuki DR 600 (velocità di crociera 120 Km/h, velocità di punta 121 Km/h).
La seconda sensazione è che non si può essere sicuri che tutte le auto abbiano l’ABS.
La terza sensazione è che, in considerazione di quanto sopra, sarebbe bene assicurarsi, prima di cominciare un sorpasso, che non stiano soggiungendo delle auto sulla corsia che si va ad occupare.
La quarta sensazione è che i due specchi rotondi posti alle estremità del manubrio potrebbero essere efficacemente utilizzati a questo scopo.
Ceniamo in una pizzeria a frequentazione familiare che ci riconcilia con l’ipotesi di una guerra termonucleare globale, poi ce ne andiamo a dormire, domani ci aspettano i Tauri.

01-02-2001