Prima di ripartire, andiamo in centro a fare un po’ di shopping suino (un paio di chili
di mortadella tagliata sottile, un paio di chili di mortadella tagliata spessa e, visto
che siamo nel 2001, un monolite stile Kubric di lardo di Colonnata), poi passiamo a casa
del Maestro per salutarlo.
Sorbiamo un caffé in compagnia del nostro amico, ospite e mentore, scoprendo che
ci ha tenuto celato un terribile segreto: domani sarà il suo compleanno! Il sordido
individuo ce lo rivela solo ora che non abbiamo più il tempo di andare a prendergli
un regalo, ma so già come posso fargliela pagare.
Salutato il Maestro, imbocchiamo l’Emilia diretti verso quella meraviglia della natura che
é la statale Tosco-Romagnola. C’è il sole e fa quasi caldo, ma un po’ per
scaramanzia, un po’ perché ancora ci attende il passaggio degli Appennini, non osiamo
ridurre gli strati del nostro abbigliamento.
Mentre facciamo benzina, dalle parti di Forlì, Ciccio mi propone, in alternativa al
"solito" passo del Muraglione, una strada che lui faceva spesso in gioventù
quando, in sella a una Ducati Pantha, rendeva insicure le strade di questa regione.
Io, inopinatamente, accetto.
MADORNALE ERRORE!
La strada, di suo, non è niente male: belle le curve, bello il circostante, ma la
presenza, lungo il suo corso, di un cantiere dell’Alta Velocità la rende ora un
pericoloso budello montano devastato e reso massimamente insicuro dal traffico degli autocarri
in partenza o in arrivo.
In compenso è qui che definisco la seconda legge della Cicciodinamica, ovvero:
Ciccio guida sempre alla velocità più pericolosa possibile.
In altre parole, quando Ciccio si trova su una stradina stretta e sinuosa, corre; se sta
sorpassando un TIR in autostrada, va piano. Per lui, infatti, non è importante correre,
ma rischiare la vita, un giusto omaggio alle teorie darwiniane sulla selezione naturale.
Ci fermiamo a Firenze giusto il tempo per adeguare il nostro abbigliamento al clima primaverile
che regna da questa parte dell’Appennino, poi proseguiamo lungo la Chiantigiana.
Mangiamo un boccone (e che boccone!) a Castellina in Chianti; il tramonto ci trova lungo la Cassia.
Arrivati a Viterbo, Ciccio vorrebbe fare la Cimina ma quando io propongo di proseguire lungo la Cassia,
lui, inopinatamente, accetta:
MADORNALE ERRORE!
Con quattrocento chilometri di curve alle spalle, ci troviamo imbottigliati nel traffico serale di tutti i
paesini da Roma a Viterbo. Quando ci fermiamo a fare benzina lo svalicatore notturno del Brennero
mi guarda con odio e giura che non farà mai più quel tratto di strada.
Alla fine arriviamo a Campagnano. Ho le braccia a pezzi (le BMW serie K sono delle moto fantastiche,
ma piegarle di qua e di là sul misto stretto non è esattamente rilassante) e i curvoni
veloci della Cassia bis mi prosciugano ogni energia residua.
Una volta dentro Roma, sono in piena crisi paranoica e mi scopro a guardare con odio gli altri
motociclisti, belli, tutti pulitini, magari in giacca e cravatta. Ricevo, in cambio, occhiate perplesse.
I subdoli sampietrini di via delle Botteghe Oscure salutano il mio ritorno dicendo: "Dai, vieni
a trovarci! e porta anche la tua moto…".
Io li guardo sprezzante e replico che ne ho viste di peggio.
Non è vero.