Virtual C@naro

Defecatio

Settembre 2004

Domenica, 5 Settembre 2004

Consecutio temporum.
L’idea m’è venuta l’altro ieri, mentre affrontavo in bicicletta la gelida tramontana che ha pulito il cielo di Roma: scardinare l’ordine temporale di questo blog.
Perché, vedete, oggi non è il cinque Settembre 2004, bensì il primo Febbraio 2005 e nella mia vita stanno succedendo cose che andrebbero registrate da qualche parte: è possibile/morale farlo in questo contesto?
Direte voi: Defecatio non è un diario.
Magari lo fosse, vi rispondo io: qui, mi sembra che sia la mia vita a dipendere da Defecatio, e non l’inverso..
Nel caso ve lo steste chiedendo, la risposta è sì: sto bevendo. È una bottiglia di Concento, vino rosso prodotto dall’azienda agricola L’Olivella di Frascati, ma non è questo il punto. Il punto è: dei resoconti che ho dovuto saltare, a causa dei problemi di Blogger, mi resta da scrivere solo la settimana dal 5 al 12 Settembre, che non presenta produzioni di spicco. Perché — pensavo, Domenica 30 Gennaio, mentre affrontavo la gelida tramontana che aveva pulito il cielo di Roma — in vece di infiocchettare le fredde informazioni contenute nella base-dati del mio palmare, non la faccio sporca (in senso metaforico) e non narro ciò che mi succede qui e ora? Alle ore 1:51 di Martedì 1 Febbraio, non mi sembra più tanto una buona idea, anche perché ho scoperto che lui è morto proprio il cinque di Settembre e, stando così le cose, se vi raccontassi davvero tutto quello che mi sta succedendo, pensereste che vi sto prendendo in giro.
Trattandosi di ricorrenza luttuosa, ometto notizie relative alla materia di interesse, e sostituisco la citazione dal livre con un brano da Tristano e Isotta:

Se altrove perdo il mio tempo,
che mi é concesso alla vita,
così non vivo nel mondo
come vuole il mio destino.

Lunedì, 6 Settembre 2004

Che poi, non è Lunedì 6 Settembre 2004, ma la sera di Martedì primo Febbraio, ed è già successo tutto.
Questa mattina, di buon’ora, ho caricato le mie cose sul furgone (un Nissan Vanette che ho acquistato il 20 ottobre, ci dovete ancora arrivare) e mi sono trasferito temporaneamente nella casa dei miei a Trevignano. Dico “dei miei”, non nel senso che mio padre e mia madre sono qui, ma nel senso che la casa gli appartiene; dico “temporaneamente” non nel senso che poi ritorno dov’ero, ma nel senso che mi devo cercare casa.
Paradossalmente, la mia uscita di scena è coincisa con l’arrivo di Teresa (che adesso il venerdì è impegnata e che quindi presta opera il martedì), ma non credo che oggi sia stata lei la causa del mio disordine circadiano.
Incrociandoci (nel senso dinamico del termine) sulla porta, abbiamo avuto uno scambio di battute breve, ma significativo:
- Parte?
- Sposto.

Martedì, 7 Settembre 2004

Non gli credete: oggi non è il sette Settembre, bensì il tre Febbraio.
Speravo di restare in casa a mettere un po’ di ordine nelle mie cose, ma ho preferito fare il bravo figlio e accompagnare mio padre alla veglia funebre per un suo amico.
Mentre ero lì, mi arriva una telefonata. Non conosco il numero, quindi non me la sento di ignorare la chiamata: mi sposto in un angolo e rispondo.
- Sei indietro con il tuo blog, - mi dice una voce che non riesco a identificare. Mentre metabolizzo la sorpresa, cercando di darmi un contegno, la voce aggiunge: - Sono Guy.
Adesso capite perché chiamerò i miei figli Moldo e Pranka: per risparmiargli il fastidio di specificare il proprio cognome.
Mi fa molto piacere sentire Chiappaventi, ma devo comunque chiudere in fretta, ché non è né il luogo né il momento. Lo richiamo più tardi, dopo aver riaccompagnato a casa il genitore. Gli fornisco un rapido quadro della situazione e restiamo d’accordo di vederci a pranzo, ma fra qualche giorno, ché io sono in assestamento e lui è in allerta papale.
La sera sono in sala prove con i Capone: suoniamo malissimo, ma ci divertiamo come scemi. Quando usciamo dalla sala, il cantante si accende la sua solita sigaretta post-coitale e mi chiede:
- Canaro, cos’è la felicità?
Mi dice bene, ho pronta la risposta:
- È il raziocinio che contempla estasiato i suoi errori.

Mercoledì, 8 Settembre 2004

Com’è andata l’arringa?
Oggi (che, alla faccia di qualunque coerenza narrativa, è il 9 Febbraio 2005), sono stato a pranzo con Guy: tonnarelli cacio e pepe, cicoria ripassata, vino e amaro. Locale un po’ affollato, ma conversazione piacevole e una conferma alla mia impressione iniziale: Chiappaventi, malgrado il mestiere che fa, è una brava persona, nel senso più antico del termine.
A parte ciò.
La mia vita si sta lentamente stabilizzando. Mangio in maniera un po’ più sconclusionata di quanto avvenisse fino a qualche giorno fa e, strano a dirsi, ho scoperto che i mischioni minipimerizzati non mi danno più la gioja di un tempo, ma non ingrasso, anzi: i pantaloni che avevo acquistato a novembre, adesso mi vanno quasi larghi.
Dal canto loro, i circadiani hanno risentito positivamente del trasferimento dall’area urbana alla periferia rurale. Infatti, se da un lato la produzione di materia F è diventata più discontinua, il livello medio del prodotto è decisamente migliorato sia dal punto di vista volumetrico, che in termini di emanazioni olfattive (spesso strazianti). La consistenza dominante è adesso pastosa con fibre, mentre il colore è perlopiù quello della creta asciutta.
Dormo poco, ma non perché sia inquieto.
E cè ‘dell’altro.

Giovedì, 9 Settembre 2004

La minaccia degli UDM.
Due persone che conosco (tre, per la precisione), in questo periodo hanno dei problemi a causa di individui appartenenti alla razza degli Uomini Di M.; laddove “M” è l’iniziale di quella parola che le regole della casa mi impediscono di scrivere.
Senza fare nomi, ché in questo caso non sarebbe educato, l’altro giorno sono andato a prendere un caffè con un vecchio amico che non vedevo da qualche anno e lui, a un certo punto, mi ha chiesto se mi era mai capitato di stare male perché una donna mi aveva lasciato. Ovviamente ho risposto di sì, il che ha portato alla domanda successiva: a lei lo hai detto, che stavi soffrendo? Ovviamente ho risposto di no: con lei non avrei mai ammesso la mia sofferenza; anzi, per quanto straziato potessi essere nell’anima, con colei che quella pena causava ho sempre cercato di apparire indifferente, se non addirittura sollevato. Un po’ dispiaciuto, magari, per aver buttato tempo ed energie in un’impresa fallimentare, ma sostanzialmente indenne.
Il mio amico ha annuito e mi ha detto che questa è la risposta che ha ricevuto da tutti quelli con cui ha parlato, ma che, malgrado ciò, l’ex ragazzo della sua attuale compagna la stava tampinando con telefonate ossianiche (ha usato questo aggettivo, ma non ho avuto ancora modo di scoprire cosa significhi), durante le quali la rendeva partecipe del suo profondo e incurabile male di vivere. Il mio amico, che sulle prime aveva lasciato correre, convinto che si trattasse di un fastidio passeggero, ora cominciava a preoccuparsi perché il perdurare di questa attività telefonica minacciava di incrinare il rapporto, altrimenti solido, fra lui e la sua ragazza.
Insomma, era rimasto vittima di un tipico attacco da UDM.

Come ha giustamente affermato Desmond Morris in un suo articolo del 1977:

L’UDM, per quanto subdolo, è facilmente identificabile. Esso, infatti manca totalmente di dignità e, se abbandonato dalla compagna, inscena immancabilmente una patetica pantomima amorosa con la quale tenta di ritornare nelle grazie della femmina. Invertendo i normali canoni biologici che prevedono la sopravvivenza del più forte, l’UDM cerca di affermarsi in quanto più debole e, invece di esibire il piumaggio o il pelo, cerca di far colpo con le lacrime. La femmina della specie si trova così a dover bilanciare, da un lato, la naturale pulsione ad accoppiarsi con l’esemplare più forte e, dall’altro, l’istinto materno che la spinge a prendersi cura del cucciolo che guaisce. Chi ci va di mezzo, in questi casi, è il nuovo compagno della femmina, che si trova a dover gestire sia l’instabilità emotiva della compagna, che il proprio, naturalissimo desiderio di eliminare fisicamente il rivale. Essendo — a causa di inadeguate sovrastrutture religiose e di una legislazione del tutto cieca ai reali bisogni della specie — impossibilitato a soddisfare i suoi primordiali istinti (sopprimere il rivale e accoppiarsi in santa pace con la femmina), il maschio sano è quindi costretto a trasferire la sua aggressività repressa nel rapporto di coppia, solitamente con effetti devastanti. L’UDM risulta quindi due volte insensato in un’ottica evoluzionistica, visto che non si accoppia lui e non fa accoppiare gli altri.

Lettori di Defecatio, voi, non comportatevi così: quando una donna vi lascia, siate dignitosi.

Venerdì, 10 Settembre 2004

Prendi il motorino e scappa.
Mercoledì scorso..
Dice: Mercoledì 9 Febbraio?
No, Mercoledì 16.
Dice: Perché, oggi che giorno è?
Oggi è Mercoledì 23.
Dice: Ah.
Insomma, Mercoledì scorso, sono stato a cena da Bianca e Francesco.
Bianca e Francesco, voi non li conoscete, anzi, per la precisione, non li conoscevo nemmeno io, fino a Mercoledì scorso, ma sono stato contento di conoscerli. Me li ha presentati il mio avvocato: Francesco è suo fratello e Bianca è sua moglie.
Dice: Bianca è la moglie del tuo avvocato?
No. Bianca è la cognata del mio avvocato e Francesco è suo marito.
Dice: Francesco, è il marito o il fratello del tuo avvocato?
Ascolta attentamente: Francesco è il fratello del mio avvocato; Bianca è la moglie di Francesco; essendo la moglie di Francesco, Bianca è anche la cognata del mio avvocato.
Dice: Ho capito, grazie.
Posso andare avanti?
Dice: Prego.
Ti ringrazio. Insomma, è stata una cena piuttosto gradevole: fettuccine al sugo di carne come primo; carne per secondo e insalata. Da bere, vino rosso e poi grappa ad accompagnare l’Antico Toscano diviso con il padrone di casa.
Dice: Che sarebbe Francesco..
Precisamente.
Dice: Ovvero il fratello del tuo avvocato..
Ci metti un po’, ma vedo che alla fine le cose le capisci.
Dice: Quindi, se ho capito bene, il tuo avvocato è il fratello di Francesco..
Bastardo.

Sabato, 11 Settembre 2004

Sto mettendo in ordine.
In casa e nella mia vita.
In casa è più facile.
Ieri ho tolto un po’ di ragnatele nella parte bassa della mansarda, dove abbiamo ammucchiato tutto ciò che non ci serve più, ma che non vogliamo buttare via. Ho trovato diverse cose interessanti.

In una scatola c’erano I Quindici, l’enciclopedia per il bambino maccartista. Dei quindici tomi (appunto) di cui era composta, ricordo di aver sfogliato talvolta il volume dedicato agli animali e di aver speso il resto della mia adolescenza leggendo il numero nove (costola verde chiaro), ovvero, Fare e costruire. Una volta, con mio fratello, esaltati dalla lettura del suddetto volume, provammo a fare una marionetta con la cartapesta. Servivano colla per manifesti e carta di giornale macerata; non ce l’avevamo, così usammo Vinavil e segatura. Non funzionò. Scornàti, prendemmo l’ammasso bituminoso che avevamo prodotto e lo buttammo nel water. Si rese necessario l’intervento di un idraulico.

In un’altra scatola ho trovato un dattiloscritto ingiallito. Sulla prima pagina, con caratteri disegnati a mano, c’è scritto:

MARYKA
Romanzo
Roma, 7 agosto 1946

L’autore si firma “Gianni Ugo” scopro così che il secondo nome di mio padre è quello del fratello di mio nonno. Nel 1946 aveva vent’anni.
Apro a caso:

Le parole di Martha rimbombarono nel silenzio e fecero sì che diversi della comitiva ammutolissero d’improvviso, fissando Jack, pallido come un morto. Gli altri intuirono il cambiamento d’umore e tacquero anch’essi con aria dubbiosa.
Ren, accigliato si avvicinò al telefono, fra il silenzio generale. Jack rimase seduto, dov’era, fumando; solo, era pallido e fissava in terra.
Ren portò il ricevitore all’orecchio.
“Pronto”.

Una delle scatole era mia, l’avevo parcheggiata qui nel 2000, quando lasciai la mia casa di Ostia e mi trasferii a Ventotene. All’interno della scatola c’erano delle carte e, fra le carte, c’erano degli appunti di viaggio che risalivano all’estate del 1998. Se fra sessant’anni mio figlio Moldo Michele gli darà un’occhiata (e se riuscirà a decifrare la mia grafia), troverà questo brano:

Nel tratto fra Siena e Firenze, complici anche il caldo e il vino bevuto, ho quella che penso di poter definire senz’ombra di dubbio l’idea più schifosa che mi sia mai venuta in mente (e, voglio dire..): un uomo con il sistema digestivo invertito rispetto al nostro, che infila nel culo dei cilindri di merda, producendo, dopo un po’, delle pietanze dalla bocca. Inutile dire che l’uomo trova schifose le pietanze, mentre ha grande considerazione dei cilindri di merda e che seleziona con cura quasi religiosa i "ristoranti" in cui se li fa servire.
Un ingorgo prima di Firenze mi ferma prima che possa farmi un’idea più precisa dell’arredamento e della meccanica di questi ristoranti, ma qualche ora dopo il mostro riaffiora e pavento una situazione speculare in cui il nostro uomo immagini a sua volta un essere a sistema digerente invertito rispetto al suo (normale, quindi: mangia pietanze ed evacua feci), trovando estremamente schifoso il pensiero.

Questa non è la fine di Defecatio.

Domenica, 12 Settembre 2004

Scusate il ritardo.
Dice: Alla buon’ora: che fine hai fatto?
Un po’ avevo da lavorare, un po’ avevo altro per la testa.
Dice: Che cosa avevi da fare, più importante del tuo diario fecale?
Niente di particolare, dovevo finire un lavoro e mettere le basi per una nuova teoria cosmogonica.
Dice: Ce n’erano già.
Vero, ma sono incomplete. La mia teoria cosmogonica comprende anche due fattori di primaria importanza, colpevolmente trascurati dalle altre teorie: il Minipimer e il concetto di Immancabile Testa di Pera.
Dice: Brutto, arrivare a quarant’anni senza aver concluso niente nella vita eh?
No, guarda, davvero: credo di aver capito quale sia il Senso della Vita. E c’entra anche il Minipimer.
Dice: Vabbe’, poi ci racconti. Adesso dicci della seduta odierna.
La seduta, è andata piuttosto bene. Dopo un paio di giorni all’insegna del minimalismo, oggi i miei sforzi hanno prodotto buoni 50/60 cm. di materia F, di diametro leggermente ridotto, ma piacevolmente densa e senza soluzione di continuità. Il colore del serpentone era marrone tendente al verde; la consistenza appariva pastosa granulare; l’olezzo — ferroso — è partito alla grande, ma dopo poco si è affievolito. Il leggero surriscaldamento della filiera rilevato al termine delle attività produttive, non è chiaro se fosse da imputare alla presenza di sostanze piccanti nell’impasto o all’attrito prolungato a causa della lunghezza.
Il mio fuzzy-peso-Goldberg è variato così: 72,6 chilogrammi al risveglio; 72,7 dopo colazione; 72,3 in chiusura.
Il mio livre sono ancora i Vangeli apocrifi; per la precisione, i Vangeli gnostici; a voler proprio fare il pignolo, il Vangelo di Tommaso:

[Gesú disse] In questi giorni in cui voi vi nutrite di cose morte, le rendete cose di vita: che farete quando sarete nella Luce, nel giorno in cui, essendo uno, diverrete due? Quando diverrete due, cosa farete?

01-09-2004