### Sabato, 17 luglio 2004
Questa mattina, io e Ciccio abbiamo cominciato la preparazione atletica per il prestigioso Trofeo Fantozzi di ciclismo.
Ieri sera, rientrato a casa dopo pizza e birra con altri due amici, Ciccio ha completato la preparazione del mezzo: ha montato le nuove manopole su un leggerissimo manubrio in ergal e si è accorto, contestualmente, che le ruote erano sgonfie.
Bene.
Stamane, alle ore 07:00, io comincio la mia giornata leggendo un SMS ciccesco che mi chiede se ho una pompa.
Lo chiamo, svegliandolo, e gli dico che una pompa ce l’ho, ma è troppo grande per portarla in bicicletta.
- Ah, - mi risponde assonnato. - Allora provo col compressore.
Non faccio commenti; mi vesto ed esco.
Arrivato alla stazione di Piramide, mi informo se oggi le biciclette possono viaggiare sulla metropolitana: no, possono viaggiare solo la domenica e i festivi.
Bene.
Chiamo Ciccio, che nel frattempo ha risolto il problema gomme.
Ci diamo appuntamento sulla pista ciclabile.
- In che punto? - mi chiede.
- Vieni in su, ci incontriamo.
Imbocco la pista ciclabile a Porta Portese, la percorro fino al ponte della Magliana; attraverso il ponte e proseguo sulla riva opposta.
Arrivo al punto più vicino a casa di Ciccio, ma del simpatico mammifero non c’è traccia.
La distanza che doveva fare lui è circa un terzo di quella che ho fatto io, ci saremmo dovuti incrociare all’altezza della Magliana: possibile che si sia perso?..
Penso che, se il mondo fosse binario, Ciccio varrebbe 2, poi lo chiamo al telefono.
- Sto arrivando, sono all’imbocco della Magliana, - mi dice, e in effetti,
poco dopo, compare all’orizzonte.
Abbigliamento di Ciccio:
- occhiali modello “Bakunin è vivo e lotta insieme a noi”;
- maglietta di cotone bianca;
- pantalone modello “Paula Abdul è viva e lotta insieme a noi”;
- scarpe da ginnastica in maiolica, rimanenza di campionario.
- Hai una brugola da otto? - mi chiede. - Il sellino si è allentato.
Rispondo di no, e partiamo, ma mi accorgo ben presto che “allentato” è un eufemismo: il sellino bascula come il Tagadà e Ciccio, dopo un po’, sembra T.H. Lawrence in sella alla sua cammella preferita.
Andiamo avanti lo stesso, godendoci la splendida mattinata e la relativa solitudine e quando arriviamo alla fine della pista ciclabile, praticamente all’altezza del Grande Raccordo Anulare, ci fermiamo a riposare.
C’è un ciclista, fermo come noi, ma nemmeno lui ha una chiave a brugola.
Attendiamo, pazienti: prima o poi passerà qualcuno che si è portato dietro gli attrezzi.
Arriva un ciclista, gira e torna indietro passandoci davanti.
Io mi aspetto che Ciccio gli chieda la brugola, ma lui lo guarda passare come le mucche guardano passare il treno.
- Se ti vergogni, glielo chiedo io…
- No, questo non ce l’aveva, - mi risponde sicuro Rougeon.
Il ciclista successivo ha una Samsonite attaccata al telaio.
Lo fermo e gli chiedo la brugola.
Ce l’ha. Ciccio stringe il sellino, ma, ammette di non sentirsela di arrivare fino a Ostia, com’era nei nostri programmi.
- Vai tu, io ti aspetto qui, - mi dice, dimostrando una volta di più così quella generosità che è il tratto più nobile del suo carattere.
Lo fisso incredulo: “qui” è alla fine della pista ciclabile: un panorama lunare, ingentilito dallo svincolo Raccordo/Via del mare e dal depuratore di Tor di Valle.
- E che fai, mentre aspetti?
- Sto col gatto. - risponde San Francesco, indicando un felino che prende il sole sotto a una delle panchine.
Io sarei tentato di accettare, di lasciarlo due ore lì in mezzo al nulla, così capisce, ma lo sguardo terrorizzato del gatto mi fa desistere dal mio intento educativo: torniamo indietro.
Io sono discretamente ridicolo, con i miei pantaloncini da ciclista imbottiti, modello: “libera anche in quei giorni”, ma sto bene. Ciccio, con il suo pantalone a pinocchietto color verde vomito è ridicolo uguale, ma sta cominciando a soffrire le pene dell’inferno per l’attrito fra il sellino e le sue parti intime.
È a questo punto che un tizio, in sella a una bicicletta da corsa, ci sorpassa.
Non va molto più veloce di noi e io provo a ripetere la volata di giovedì 8: acelero e mi metto nella sua scia.
Accelera anche lui, ma sento che ce la posso fare.
So che è uno sbaglio, ma lo sorpasso, tracotante.
Non mi curo di Ciccio, che rimane indietro da solo: so che lui farebbe lo stesso, se potesse.
Arriva la parte di saliscendi, dove spero che il mio avversario ceda, ma quando il saliscendi è finito, il mio avversario, non ha ceduto: è incollato dietro di me e si gode la mia scia.
Quando capisco che non ce la farò a distanziarlo, penso: “Adesso inchiodo”, ma non sono sicuro di uscire indenne da un tamponamento a 30 all’ora, così desisto e la butto in caciara:
- Facciamo a cambio di bicicletta? - chiedo, voltandomi verso di lui.
L’infame individuo, tranquillo, mi si affianca, a dimostrare il fatto che stava dietro solo per evitare i moscerini.
- Cosa?
- Lei non sta tirando, - sibilo.
- No.
- Io si’, - ammetto, ormai sconfitto. - Rallento e aspetto il mio amico. Grazie della tirata.
Girardoux ricambia e va via; io rallento il passo.
Ciccio mi raggiunge dopo un po’.
Ha trovato dei moscerini morti per terra e se li è schiacciati sulla maglietta per farmi credere di essere andato veloce, ma sono troppo stanco e umiliato per smascherare il suo bluff.
Proseguiamo al piccolo trotto fino allo svincolo a cui lui deve girare per tornare a casa, ci salutiamo, poi resto da solo con il mio dolore. Quando arrivo all’isola Tiberina, ho preso la mia decisione.
In seguito, ho fatto anche qualcosa di inerente all’argomento di questo blog, ma non vale la pena di parlarne.
### Domenica, 18 luglio 2004
Giustificato orgoglio.
Mi sono accattato una bicicletta nuova, una NSR bellissima, ma non è per questo che sono orgoglioso.
Sono orgoglioso, perché la produzione odierna ha riscattato ampiamente quella specie di sigaro spezzato in quattro che vi ho taciuto ieri.
Come noterete, alla scheda prodotto, manca il dato relativo al fuzzy-Goldberg post-risveglio.
Non so quanto pesassi questa mattina, perché ho dormito nella casa dei miei genitori a Trevignano, e ho dormito nella casa dei miei genitori, a Trevignano, perché ieri sera sono stato a cena nel ristorante della ragazza di un mio amico, a Bracciano.
Abbiamo cominciato con delle bruschette, poi sono passato a dei gustosissimi spaghetti con cefalotti, chiudendo in bellezza con del polpo alla marinara.
Assaggi di fritto altrui, vino e amaro completano il quadro clinico.
Il mio fuzzy-peso-Goldberg, al rientro a casa, risultava essere di 71,6 chilogrammi: un aumento abbastanza contenuto, se si considera che comprendeva anche il pranzo.
Dice: Perché insisti sul fuzzy-G e non ci parli del deposito alla cassa continua?
Rispondo io: perché il fuzzy-G, al termine delle operazioni di cassa, è stato di 71 chilogrammi netti: nemmeno il cane che oggi avevamo in affidamento, è riuscito a fare di meglio, e sì che si è impegnato…
Molto elegante, nella sua livrea color cuoio, l’estruso ha prodotto inoltre, con mia somma gioja, un effluvio fermentato ed alcolico, perniciosissimo.
La mia percentuale a solitario precipita a 14,86%, ma in giornate come queste, simili dettagli passano in secondo piano.
### Lunedì, 19 luglio 2004
Defecatio mi sta sfuggendo di mano.
Sarà l’estate che avanza, sarà che devo chiudere ‘sto progetto tanto maligno quanto redditizio, ma io, di scrivere fregnacce a sfondo fecale, non è che ne abbia più tanta voglia.
Che poi è sbagliato; che poi è qui la sfida: resistere un anno intero, non mollare, come nella maratona, che arrivi al trentesimo chilometro e pensi che ne devi fare ancora dodici e spicci, più di quanti ne corri in un normale allenamento.
Resistere.
Sembra facile.
Dopo il trentesimo chilometro non è questione di gambe — sono entrate in circolo le endorfine e il dolore non lo senti più — è questione di testa: il problema è riuscire a trovare un motivo per andare avanti.
Perché, diciamocelo, l’uomo, l’essere umano in quanto tale, non è stato creato per correre 42 chilometri e spicci: gli fa male.
Ciò non ostante, lui decide di correrli, di vedere se è capace di arrivare in fondo, di dire: ”Io ho chiuso la maratona in 3:38”.
Tre ore e trentotto minuti.
E lo dice anche con tono orgoglioso, l’idiota.
Tre ore e trentotto minuti, capace che te ne facevi anche due, e questo, invece di chiamarsi Defecatio, si chiamava, come ha giustamente suggerito Guy Chiappaventi, Defellatio.
Comunque.
La produzione odierna, così come la ricorda il mio palmare, era di colore marrone chiaro, aveva consistenza fibrosa e odore liliaceo robusto.
Il livre non lo so, non me lo ricordo.