Virtual C@naro

Elefantentreffen 1999

Primo giorno

Il programma prevedeva: sveglia all’alba, appuntamento alle 7.00 al primo distributore della Roma-Milano, caffè, pieno e poi via, ma la realtà si è leggermente discostata delle previsioni. Io ho lavorato alla moto fino alle quattro di mattina, poi sono caduto in letargo (la notte precedente, un po’ perché volevo controllare tutto l’impianto elettrico, un po’ per l’eccitazione, avevo dormito due ore). Intorno alle 6.30 mi sveglia il suono del mio cellulare: è Elio che si scusa perché non ha sentito la sveglia e prevede di essere all’appuntamento in mezz’ora.
Confesso di essere nelle medesime condizioni, ci diamo un nuovo appuntamento e, dopo esserci esortati a vicenda a fare le cose con calma per non rischiare di dimenticare qualcosa per la fretta, chiudiamo la conversazione.
Arrivo all’appuntamento con cinque minuti di ritardo, ma al distributore non c’è nessuna moto. Faccio il pieno, approfitto di una svendita per acquistare un paio di calzini di filo da indossare sotto quelli di lana, ma di Elio ancora nessuna traccia. Un po’ preoccupato lo chiamo sul cellulare, ma non si riesce a prendere la linea. Lascio passare un po’ di tempo, poi provo di nuovo, stavolta con miglior fortuna: dopo alcuni suoni gutturali dai quali deduco che sta aprendo il casco, Elio riesce a rispondermi e mi dice che sta arrivando, dopo essere dovuto tornare a casa per prendere il portafogli. Morale: partiamo alle 9.00.
La prima parte del viaggio procede senza intoppi: ho la muffola destra che spinge sulla leva del freno se supero i 140 Km/h, ma nel complesso la situazione è perfettamente gestibile. Più seccante è, invece, l’instabilità della moto nelle curve veloci, perché causa una sensibile differenza di andatura fra me e il mio compagno e ci costringe dopo un centinaio di chilometri ad una separazione consensuale. Stabiliamo di sentirci ogni due ore, poi ripartiamo, ognuno col suo passo. Ci rincontriamo intorno all’ora di pranzo ad un autogrill dell’autostrada per il Brennero, un po’ prima di Mantova: io arrivo e lui riparte dopo aver mangiato un boccone. Qualche commento sul tempo, un breve scambio di opinioni su quello che ci aspetta e ci separiamo di nuovo. Faccio il pieno alla moto e allo stomaco, controllo la pressione delle gomme, quindi riparto. Appena passata l’uscita di Verona (città in cui ha sede il principale magazzino ricambi della BMW Italia), sento dei rumori sinistri provenire dalla ruota anteriore: un cuscinetto è andato. Faccio a passo d’uomo i venti chilometri che mi separano dall’uscita successiva, esco pagando con la carta di credito (particolare importante, come vedremo) e mi metto alla ricerca di un meccanico.
Lo trovo, dopo un breve pellegrinaggio, nella ridente cittadina di Ala, anzi, ne trovo due: i favolosi fratelli Zomer, meccanici e motociclisti di razza che, dopo un’ora di combattimento con l’asse della ruota che non accenna a muoversi neanche a prenderlo a mazzettate (di solito si sfila a mano), mi spediscono in un albergo lì vicino e mi assicurano che, se non escono altri intoppi: "…domani alle undici la facciamo andare via".
In preda al più nero sconforto, stanco per il viaggio e il poco sonno, mentalmente esaurito dagli ultimi avvenimenti e, lo ammetto, incredulo sulle possibilità di riprendere la strada il giorno seguente, mi avvio verso l’hotel Vienna, dove trovo alloggio per la notte. Mi riposo un oretta, scambio un paio di telefonate con i miei compagni di viaggio mancati, Paolo Feliziani e Michele Bindi, poi chiamo Elio per aggiornarlo. Lui mi dice che è arrivato ad Innsbruck, ma che è cascato poco prima di uscire dall’autostrada, facendo "…qualche danno alla carenatura della moto.". Mentre io cerco di quantificarmi mentalmente il concetto di "…qualche danno" alla carenatura di una BMW R1100 RS, Elio aggiunge che lì c’è mezzo metro di neve e che lui sta pensando di rientrare. Stabiliamo di sentirci il giorno dopo per fare il punto della situazione, poi esco e me ne vado a cena, scoprendo che il paese, che da quel poco che avevo potuto vedere sembrava nient’altro che un agglomerato di case lungo la statale (uscendo dall’albergo ricordo di aver pensato: "Va’ che bello! Qui la sera possono perfino scegliere se andare a destra o a sinistra…"), è in realtà estremamente curato e caratteristico, con bellissime case in pietra grigia e la sagoma scura delle montagne a fare da sfondo. Mi sfamo in una pizzeria dove faccio amicizia con i proprietari e con una tavolata dei loro amici, poi, lavata via la depressione a forza di birra e grappini, me ne torno in albergo e mi concedo la prima vera dormita da un paio di giorni.

28-01-1999