Virtual C@naro

Elefantentreffen 2000

Terzo giorno - Sauwetter

Dormo benissimo.
Durante la notte mi sveglio solo una volta (sono su un fianco e la mia spalla tocca il terreno ghiacciato malgrado il materassino gonfiabile), poi faccio tutta una tirata fino alle sette.
Vorrei fare delle foto al campo senza troppa gente in giro, così mi vesto e vado a fare quattro passi in compagnia di Jumbo.
Appena esco dalla tenda prima brutta sorpresa: il tempo fa schifo. La temperatura è salita (l’acqua che abbiamo lasciato all’esterno è ancora allo stato liquido) e il cielo si è coperto di nuvole grigie che mi sanno tanto di neve. Interrogato in proposito, Jumbo non si esprime: a Francoforte è così tutti i giorni. Beati loro…
Camminiamo per il campo che si sta lentamente risvegliando, mentre chi ha passato la notte a chiacchierare intorno a un fuoco adesso se ne va in tenda a riposare un po’.
Lo spettacolo delle moto parcheggiate, da solo, meriterebbe il viaggio: si va dalla Guzzi Idroconvert al sidecar Ural, passando per ogni tipo di special presente in Natura.
Io e Jumbo siamo due affezionati della casa di casa, perciò notiamo perlopiù i bicilindrici boxer, fra cui spiccano alcuni sidecar realizzati con modelli degli anni ‘70, ma anche con R100GS, K100, K1100 e R45 (!!!).
Superiamo uno dei chioschi di ristoro e imbocchiamo un viottolo in salita al termine del quale ci aspetta una lugubre sorpresa: una testa di mucca a mo’ di polena all’ingresso di un gruppo di tende.
La stradina piega a destra e comincia a scendere; sulla destra un gruppo di tende indiane alte più di tre metri. Ripassando davanti al chiosco, al termine del nostro giro, notiamo le moto di Alberto e Chopin e gli lasciamo un messaggio cartaceo.
Riuniti al resto della truppa, facciamo una rapida riunione di condominio per decidere un programma della giornata che tenga conto delle mutate condizioni metereologiche. Le alternative sono: restare (ma potrebbe nevicare) o andare via (ma potrebbe non nevicare). Il tempo non lascia molte speranze, però è ancora abbastanza presto e le cose potrebbero ancora cambiare… Visto che, comunque, non ci fa particolarmente piacere venir via, decidiamo di andare a fare colazione ed elefantenshopping, posticipando ogni decisione riguardo il da farsi a più tardi.
Spendo un eccesso in merchandising (distintivo, tazza, sciarpa, cappello e autoadesivo) poi mi rovino la bocca con un caffé che sa di caffè tedesco, nel frattempo comincia a nevicare. Mentre risaliamo verso le tende, faccio in tempo a lasciare il mio indirizzo a un costruttore di sidecar (per Die Schwartzefrau) e a commissionare un paio di foto alla special più strana fra tutte quelle viste al raduno: la moto-bara.
Concludiamo la colazione accettando un paio di sorsi di rum dai nostri vicini austriaci (sono passate da poco le nove), poi cominciamo a sbaraccare. Mentre lavoriamo la nevicata cresce di intensità e quando facciamo il primo viaggio per portare i bagagli alle moto, la situazione precipita definitivamente.
Come noi, molti altri hanno deciso di partire al’ingresso c’è una confusione inenarrabile, specie perché i motociclisti continuano ad arrivare. Io faccio due viaggi, poi resto di guardia alle borse degli altri e mi godo lo spettacolo.
La confusione a questo punto è totale: moto che arrivano da Loh, moto che tornano a prendere i bagagli da parcheggi lontani, moto che salgono a fatica dal campo, moto che scendono scivolando nella guazza gelida che copre il terreno, sidecar, quad, qualsiasi cosa abbia dalle due alle quattro ruote e non sia un’automobile, tutti che cercano di parcheggiare davanti all’uscita dei vigili del fuoco beccandosi una cazziata e su tutti una nevicata che sta sempre più assumendo i toni di un acquazzone.
Mentre carichiamo le moto, arriva Slowhand in folle. La sua moto non parte, il motore è freddo e la batteria non ce la fa. 3 DM e pochi minuti nell’officina astutamente attrezzata all’uscita del campo lo mettono nuovamente in condizione di deambulare, ma mentre io e Max gli stiamo fissando alla sella la sua parte di bagaglio, il motore si spegna di nuovo e di nuovo ci toccherà calarlo fino all’officina. Come Dio vuole, alla fine si riparte con il duo Slowhand-Molesto in testa (uno deve ricaricare la batteria, l’altro ha il manubrio che vibra sotto i 30 Km/h.) e il trio Max, Canaro Jumbo a seguire. Scendiamo lentamente lungo una strada che taglia la foresta e poco dopo siamo sulla statale che porta a Deggendorf.
Poco prima di imboccare l’autostrada ci fermiamo a un distributore per:

Si riparte, direzione Monaco, dopo aver espletato le suddette attività e altre, inconfessabili.
L’A3 è sgombra e pulita, ma piove. In più, dopo una mezz’ora, comincia un vento estremamente forte e rafficato, che sposta pericolosamente la mia moto (e me con lei) di qua e di là. Rallento e, da apripista che ero, finisco a fare il fanalino di coda; quando raggiungo il gruppo, fermo sotto a un ponte, faccio appena in tempo a dire: "Ho paura, usciamo?" che si riparte.
Andiamo avanti, ma la situazione non migliora. All’ennesima raffica che mi spinge verso la corsia di sorpasso, decido di uscire e aspettare che il vento cali. Ho perso il contatto con i resto del gruppo, ma in questo momento non me ne potrebbe importare di meno.
Mi fermo a Dingdolfin. che ci sia una fabbrica della BMW me ne accorgo subito, che questa offrisse assistenza alle moto in viaggio da e per l’Elefantentreffen, lo scoprirò una volta tornato a casa, leggendo il libello del raduno. Bancomatto dei marchi, poi mi accampo in una locanda e mi rifocillo mentre i miei vestimenti si asciugano un po’ al caldo del locale.
Aspetto dalle 15:10 alle 16:00, ma il vento non accenna a diminuire. Se voglio arrivare a Monaco prima che faccia buio (e lo voglio tanto!) non posso aspettare oltre. Riparto cautamente e viaggio col vento al traverso fino a Monaco, dove liscio l’uscita giusta e finisco nella parte ovest della città, all’oppposto di dove si trovano gli altri, ma sono troppo stanco per raggiungerli. Prendo una stanza in un albergo dalle parti di Gräfelfing e scopro con piacere che nel bagno c’è la vasca. Mi lesso nell’acqua calda per circa un’ora, poi scendo a cena fra famigliole e combriccole giovanili in libera uscita.
L’arrosto di maiale, specialità della casa, è in effetti notevole, ma insorgono dei problemi al momento che ordino un Cognac. Per prima cosa, il bicchiere è incrinato e poi la quantità è ai limiti del proibizionistico. Protesto garbatamente e garbatamente mi viene risposto che per il bicchiere non c’è problema, me lo cambiano subito; mentre, per quanto riguarda la quantità, il marchio circolare sul fondo della coppa indica chiaramente che si tratta dei 20 cl. pattuiti.
Controllo ed è vero: sul fondo del bicchiere ci sono due cerchi concentrici, uno marchiato 0.2, l’altro marchiato 0.4 e il livello del liquido coincide precisamente con il circolo più piccolo.
Mi esento per stanchezza dal contestare questo metodo pseudo-digitale di misurazione e chiedo solo che mi sostituiscano la coppa. La fraulein esegue prontamente, ma quando vado per bere, mi accorgo che c’ un moscerino che sta facendo il morto a galla nel mio Martell. Morale: io rinuncio al Cognac; loro, onore al merito, non me lo fanno pagare.
Tornato in stanza, verifico la situazione TV, ma l’unico canale che si vede in maniera accettabile trasmette esclusivamente incontri di wrestling intervallati da spot pubblicitari di telefoni porno (ottimo sussidio per chi voglia imparare i numeri in tedesco), così elimino il sonoro e mi dedico a Conrad: Cuore di tenebra mi sembra una lettura quanto mai adeguata.

29-01-2000