Virtual C@naro

Elefantentreffen 2001

Quarto giorno

Mi sveglio che è ancora buio. Guardo fuori dall’abbaino e scopro con piacere che piove: posso ripartire.
Spartisco il bagaglio che era nella borsa laterale destra (pace all’anima sua) fra la valigia superstite e la sacca stagna che tengo sulla sella al posto del passeggero, poi scendo a vedere se c’è qualcuno al piano di sotto.
La fontana dell’atrio saluta il mio arrivo, ma è l’unica a farlo: il luogo seguita a essere deserto. Sgradevole: sono quasi le nove e se voglio arrivare al raduno, non posso partire troppo tardi. Per non perdere tempo comincio a caricare la moto.
Quando ho finito, arriva Herr Mayr e mi prepara una gradita colazione. Gli spiego la mia odissea valutaria e lui mi dice di non preoccuparmi, posso pagarlo in Lire, poi tira fuori una calcolatrice e mi dà una dimostrazione pratica dell’utilità della moneta unica in Europa: lui sa quanti Euro vale uno scellino, io so quanti ne vale una Lira… Qualche calcolo e il conto è presto fatto.
Lo ringrazio, risalgo in moto e mi avvio cautamente verso l’autostrada, il cuore colmo di benevolenza nei confronti del simpatico popolo austriaco che tante volte ho ingiustamente criticato. Arrivo all’incrocio con l’autostrada e mi fermo giusto mentre sta passando un’auto della polizia che, appena mi vede, inchioda e fa marcia indietro fermandosi davanti alla mia ruota anteriore.
Scende uno dei due occupanti e mi chiede se ho l’autoadesivo che attesta il pagamento del pedaggio. Rispondo, in italiano, che non parlo tedesco. Mi ripete la domanda in inglese e io rispondo che sì, ce l’avevo, ma mi accorgo ora che si deve essere staccato durante la caduta. Curiosamente, il tutore dell’ordine non sembra dar credito alla mia versione. Gli faccio vedere i pezzi della borsa, gli faccio vedere i graffi sulla moto, gli spiego che cosa è successo, proprio lì, poche ore prima, ma il tipo seguita, incredibilmente, a diffidare della mia buona fede. Mi chiede dove ho comprato l’autoadesivo e io gli rispondo che l’ho acquistato all’ultimo distributore prima del Tarvisio, che l’ho incollato sulla moto, e che probabilmente si è staccato o a causa del freddo o a causa della caduta. Con fare diffidente il pulotto mi chiede dove lo avessi attaccato e io gli indico il parabrezza della mia moto: non lo avessi mai fatto!
Con aria furbetta, l’infallibile segugio afferma che questa mia ultima affermazione prova che sto mentendo: la Vignette ha la parte autoadesiva anteriormente per essere esposta sui vetri. Ciò detto, comincia a compilare la contravvenzione.
Protesto, sostenendo a spada tratta la mia tesi, ma non c’è nulla da fare: un attimo e la multa è lì, che aspetta il mio sangue. Persa ogni speranza di convincerli della mia innocenza, gli spiego che non ho scellini, ma questo non li ferma: vanno bene anche le lire, hanno giusto una tabellina con i valori per il cambio. Trecentoventimila, precisamente quello che ho - incauto! - nel portafogli. Il vampiro preleva, intasca e se ne va, ricordandomi che la multa vale come salvacondotto solo per quel giorno e che se voglio avere il piacere di percorrere le autostrade austriache anche l’indomani dovrò acquistare - indovina un po’? - l’apposito autoadesivo.
Non ve l’ho detto per non disturbare la narrazione, ma mentre ero alle prese con i due emuli dell’ispettore Derrick, mi è arrivata una telefonata di Ciccio, che mi infomava di essere al Mc Donald’s dopo il bivio per la Germania. Provo a richiamarlo per avere qualche altra informazione, ma il suo cellulare risulta non raggiungibile, quindi non mi resta che partire alla volta di questo fantomatico fast-food, maledicendo, oltre all’insensibilità dei tutori dell’ordine austriaci, anche quel disadattato di Ciccio, che - lo capisco troppo tardi - non è capace di fornire indicazioni chiare ed esaustive sulla propria collocazione nell’ambito dell’Universo.
Dopo circa un’ora di guida autostradale sotto una pioggia maligna e gelida, mi appare, nel grigio del paesaggio circostante, un cartellone pubblicitario che annuncia a cinque minuti di viaggio, un Mc Donald’s. Circa un quarto d’ora più tardi sono di nuovo al cospetto del mio para-dislessico compagno di viaggio. Delle settecentosettantadue cose che mi racconta solo una ha una certa rilevanza, ovvero che anche lui é caduto (ben gli sta!) e ha rotto la manopola della frizione. Riesce ancora a cambiare, ma si augura di farlo il meno possibile.
Ci beviamo uno di quegli intrugli marroni che i popoli di lingua tedesca definiscono caffé, poi ci rimettiamo in marcia.
La situazione metereologica si mantiene costante - pioggia e freddo - fino al confine con la Germania, poi le cose migliorano un pochino (smette di piovere).
Arriviamo all’uscita per Turmansbang verso mezzogiorno e ci avventuriamo per le insidiose stradine provinciali che portano al raduno. Sbaglio strada un paio di volte e un altro paio di volte mi devo fermare a chiedere informazioni agli indigeni, ma alla fine arriviamo a Solla. Nel frattempo ha cominciato a nevicare.
Del raduno e dei motociclisti ormai non c’é quasi più traccia, anche i più pigri hanno già smontato tutto e si avviano verso casa, ma confido - a ragione - nella presenza dei meccanici del punto di assistenza all’entrata del raduno per risolvere un problema che al momento mi appare più pressante dell’intensificarsi della nevicata.
Il fatto é che Ciccio, che ha deciso di restare in terza per il resto dei suoi giorni, ha delle difficoltà oggettive a fermarsi agli incroci e ha quindi adottato la politica decisionista di imboccare a caso una delle due o tre direzioni possibili, sbagliandosi regolarmente.
Stanco di doverlo aspettare mentre fa conversione e imbocca la direzione corretta, lo affido alle pelose mani dei meccanici tedeschi e vado a comprare qualcosa che provi il nostro effettivo raggiungimento della meta.
Riparata la frizione del DR, scriviamo il nostro nome nella neve e ripartiamo. Poco prima di imboccare l’autostrada per Monaco, Ciccio si ferma a rabboccare l’olio e ci accordiamo per effettuare la prossima tappa al primo distributore che incontriamo. Quello che Ciccio non sa e che io non mi ricordo (colpevolmente, dacché già una volta ci sono rimasto fregato) è che l’autostrada per Monaco NON HA distributori di benzina, cosicché la nostra tappa successiva avviene a pochi chilometri da Monaco.
La commessa del distributore gareggia in simpatia con gli avventori della locanda di Sipbach, ma chi se ne importa, un po’ dopo Dingdolfing ho visto il sole sbucare dalle nuvole e questo mi basta per essere felice.
Viaggiamo ancora un’oretta e, al tramonto, ci fermiamo a un distributore perché Ciccio ha freddo e vuole aggiungere un pile al suo scafandro. Io ne approfitto per phonarmi la cervicale, poi facciamo un piano di battaglia per la serata.
Anche se un po’ infreddoliti, siamo ancora in condizione di guidare e visto che stiamo per addentrarci in quella sciagura metereologica che è la valle dell’Inn, decidiamo di proseguire il più possibile approfittando del relativo bel tempo.
"Ce ne andiamo tranquilli a 110" propongo e, memore dell’esperienza precedentemente accumulata aggiungo: "Se ci perdiamo di vista, ci fermiamo al primo distributore.".
Ciccio concorda e io mi illudo che le nostre peripezie siano finite.
Mi illudo, appunto.
Ci perdiamo di vista dopo nemmeno mezz’ora. Su un curvone in discesona sento la moto che sbarella un po’ e rallento a 80 Km/h mentre Ciccio, che ha interpretato la mia affermazione sui 110 come un imperativo categorico, mantiene la sua velocità imperterrito. Quando, alla fine del discesone, mi rendo conto che la moto non ha nulla e che sono io che per la stanchezza sto guidando male, accelero progressivamente nella speranza di riacciuffare l’orsetto della Duracell, ma senza successo.
Inseguo Ciccio per circa mezz’ora, ma di lui non c’è traccia né in strada, né nelle stazioni di servizio che incontro. Nel frattempo s’è alzata la nebbia, così decido di abbandonare il mio socio a sé stesso e lascio l’autostrada, fermandomi alla prima pensione che incontro.
Mentre sono nella mia cameretta, con vista sull’insegna al neon della pensione, mi arriva un SMS di Ciccio che recita (giuro):

Raft. St dopo Vomp

L’arrivo di questo messaggio (da me salvato e mostrato al mio ritorno a diversi testimoni), mi permette di formalizzare la prima legge della Cicciodinamica, ovvero:

Ciccio, quando manda un SMS, esclude dal testo soggetto e verbo, lasciando solo il complemento oggetto, o il complemento di stato in luogo.

Questa legge, però, perde ogni utilità laddove il messaggio sia reso ancora più criptico da errori di scrittura e in particolare quando un punto che avrebbe dovuto indicare l’abbreviazione di "Stazione" in "St" finisce inspiegabilmente alla fine al nome proprio di città "Raft".
Mi alambicco il cervello per qualche minuto cercando di capire di quale parola possa essere l’abbreviazione "Raft", ma tutto quello che mi viene in mente è "rafting".
Rafting… Mi chiedo se sia possibile che mentre io mi cambio per cena Ciccio stia scivolando sulle turbinose acque dell’Inn con un canotto gonfiabile.
É possibile, sì.
Speriamo che si diverta.

Vado a cena.

04-02-2001