Babbo Orso si sveglia, guarda fuori dalla finestra e dice: "È nevicato durante la notte.". Mamma Orsa si sveglia a sua volta, guarda fuori dalla finestra e dice: "È nevicato e seguita a nevicare".
Usciamo sul balcone e ci accorgiamo con raccapriccio che sulla parte di davanzale che avevamo liberato dalla neve ieri sera ci sono di nuovo almeno quattro centimetri dell’odiata sostanza. Ci vestiamo e andiamo a verificare lo stato delle nostre moto, che hanno passato la notte parcheggiate sotto la pensilina del distributore.
Le moto sono a posto: una volta identificato il bottone dell’accensione sotto lo strato di neve che copre i cruscotto, la mia BMW si accende senza alcuna difficoltà; un po’ meno agevole la manovra per Ciccio, dotato unicamente di messa in moto a pedivella.
Mentre Ciccio, sullo sfondo, scalcia come un cavallo da rodeo cercando di riportare il vita la sua Suzuki, io ne approfitto per raccontarvi dei due di Udine.
I due di Udine li abbiamo conosciuti iersera, quando siamo arrivati. Più o meno della nostra età e alla loro prima esperienza elefantiaca, ci sono sembrati un po’ sprovveduti già prima di sapere che uno dei due stava male perchÉ la tuta antipioggia gli si era riempita di acqua inzuppandogli i vestiti.
Ci hanno offerto prima della grappa e poi di viaggiare insieme l’indomani; una delle due offerte l’abbiamo accettata con entusiasmo.
Li rincontriamo ora e già (o forse sarebbe meglio dire "ancora") emanano odore di grappa. Hanno fatto benzina e si preparano a partire. Contenti loro…
Noi, che contenti non siamo, facciamo colazione poi torniamo in stanza a vegetare davanti al televisore. Di seguito il palinsesto.
Sui canali di lingua tedesca programmi per sciatori in cui - con un sottofondo di simpatiche musiche tirolesi - sono illustrate le eccellenti condizioni del manto nevoso nelle principali località sciistiche delle Alpi.
La CNN trasmette interessantissimi notiziari dalle principali capitali dell’Asia.
MTV non sembra avere in archivio altro che "Stan" di Eminem.
Le previsioni del tempo non le guardiamo nemmeno più.
Fuori dalla finestra, la neve seguita a scendere inclemente e così pure l’umore di Ciccio, che passa lentamente dall’esaltazione adrenalinica di ieri a una depressione foscoliana. Alla fine, la sua già provata psiche cede e succede il fattaccio: si chiude in bagno e, quando ne esce, scopro con orrore che si è tagliato la barba, lasciandosi solo i baffi. Ho giusto il tempo di chiedermi dove abbia trovato un decespugliatore, poi la creatura che un tempo fu il mio amico Ciccio torna nella sua tana a terminare l’opera.
Arriva l’ora di pranzo e la nevicata non accenna a diminuire. Io e l’idraulico dei film porno (è questo che sembra Ciccio quando si taglia la barba), dopo un fallimentare tentativo di deambulazione a due ruote, cediamo all’evidenza e fermiamo la stanza anche per questa notte, poi, sconsolati, andiamo a farci due passi verso il lago.
Paventiamo possibili intrattenimenti per il tedioso pomeriggio che ci attende (valutiamo anche la possibilità di sottrarre un paio di slittini alle ingare popolazioni del luogo e sfidarci sulla strada innevata), poi ci imbuchiamo in una locanda per ingerire un po’ di cibo genuino, dopo gli alberi e i cibi sintetici dell’albergo.
Della locanda potrei dire un gran bene, ma non lo farò dacchÉ, mentre pranziamo, la nevicata si trasforma in pioggia e io e Ciccio possiamo ripartire.
Taciti soli e senza compagnia
n’andavam l’un dinanzi e l’altro dopo
come i frati minor vanno per via
L’unica differenza, rispetto a Dante e Virgilio (oltre ovviamente alla temperatura ambientale), è che Dante, se Virgilio rallentava, lo aspettava.
Per coloro che si fossero persi le previsioni del tempo austriache del 3 febbraio, riassumo la
situazione metereologica: faceva freddo e nevicava, poi è arrivato da ovest un fronte di aria calda che ha portato la pioggia; la pioggia, cadendo ha sciolto la neve; con la strada libera da neve, io e Ciccio abbiamo potuto riprendere il nostro cammino verso la Germania, ovvero verso est, ovvero nella stessa direzione del fronte caldo, ma a velocità maggiore. Inevitabile che, dopo un po’ sorpassassimo il fronte caldo e ci ritrovassimo a fare i conti con freddo e neve.
Quando ciò avviene, io che sono in testa, rallento progressivamente, in funzione diretta dell’aderenza del manto sradale, mentre Ciccio mantiene imperturbabile i suoi 100/110 Km/h.
Pochi chilometri e ci perdiamo di vista.
Qualche chilometro ancora e la situazione peggiora: la temperatura si abbassa ulteriormente e riprende a nevicare. Vorrei fermarmi, ma dove? Sono in mezzo al nulla, con un bosco alla mia destra e una teoria di campi innevati alla mia sinistra. Rallento ancora e accendo le luci di emergenza. La strada adesso è coperta di neve e devo guidare nelle striscie lasciate dai pneumatici della auto che mi precedono. Imbocco un lungo tratto in discesa, al termine del quale vedo un’auto che si accinge a entrare in carreggiata da una strada laterale. Tolgo un pelo di gas per rallentare, ma la moto non apprezza: sbanda un paio di volte e poi finiamo a terra.
Fortunatamente i ligi automobilisti austriaci hanno mantenuto una rispettosa distanza dalle mie luci di emergenza posteriori (piccole attenzioni che in certi casi si apprezzano) e così io e le mie vertebre siamo, pochi secondi dopo, a fare l’inventario dei danni.
Meno peggio di quello che temessi: me la sono cavata con una borsa laterale in brandelli e un paio di graffi sulla carenatura e sul carter motore. Niente di più.
Rialzo la moto (260 Kg + benzina + bagaglio) e la accosto al bordo della carreggiata, in corrispondenza dell’incrocio da cui proveniva l’auto che ho così brillantemente schivato.
Mentre raccatto gli specchietti retrovisori e i pezzi di borsa, mi guardo intorno e scopro con un certo stupore che, proprio alla fine della stradina, c’è una fabbrica di profilati in alluminio che, incredibilmente, ha annessa una pensione, così, spingo la moto sulla strada innevata fino al bivio che porta alla pensione, la parcheggio meglio che posso e vado a chiedere alloggio per la notte.
Ho scritto altrove che ogni volta che entro in Austria mi dolgo della scarsa perizia di mio nonno, artigliere nella Grande Guerra e - come vedremo poi - non ho ancora ragione di rinnegare questa affermazione, ma devo altresì ammettere che raramente ho incontrato nella genia degli operatori dell’accoglienza, la cortesia e la calorosa ospitalità offertami dal proprietario della fabbrica/pensione di Sipbach am Zell, Herr Mayr.
Recupero le mie cose dalla moto, mi infilo sotto la doccia (mi fanno male gomiti e ginocchia, ma non ho nemmeno un graffio) e, mentre fuori comincia la lunga notte invernale, mi butto a letto. Dopo un confuso scambio di messaggi SMS con Ciccio (non possiamo telefonarci direttamente perchÉ Ciccio ha la batteria del cellulare quasi scarica e non ha portato con sÉ il caricabatterie), riprendo le mie peregrinazioni fra i canali televisivi.
Mi sveglio che fuori è buio. Non nevica più e la temperatura si sta lentamente alzando. Speriamo piova.
Mi rivesto con quello che ho di più caldo e asciutto e scendo in cerca di cibo, ma scopro che l’edificio è completamente vuoto. Nessuno nei capannoni circostanti, nessuno nella grande officina al piano terra. A rafforzare il clima surreale del luogo, una fontana, al centro dell’androne di ingresso, il cui zampillo si attiva automaticamente al mio passaggio.
Sono da poco passate le diciotto, è sabato e tutto intorno non ci sono che campi innevati; come se non bastasse, io non ho Scellini (indovinate chi ce l’ha?) e domani dovrò pagare il conto. L’unico bancomat si trova in paese, me lo ha detto il gestore indicando un punto imprecisato alle sue spalle, solo che nella direzione da lui indicata non ci sono che basse collinette coperte di neve…
VabbÉ, ci provo, se non vedo il paese dalla cima della prima collinetta torno indietro.
Mi incammino nel buio e nella neve, lungo la strada che, in direzione opposta, si immette sull’Autobahn. Ha ripreso a nevicare, non ci sono lampioni e io sono vestito completamente di nero, ma è sempre meglio che passare tutta la sera davanti alla CNN.
Arrivo al sommo della prima collinetta e del paese non c’è traccia, ma più in là, in corrispondenza del sommo della collinetta successiva, ci sono delle case isolate. Chiedendomi come si dica "Pacciani" in tedesco, proseguo. Un altro paio di colline e finalmente vedo il paese, un chilometro ancora e sono davanti all’unica banca di Sipbach. I negozi sono tutti chiusi e finora non ho incontrato anima viva. Entro nella cabina del bancomat, ma entrambi i distributori di denaro mi negano la loro attenzione. Esco e vado a esaminare la mappa del paese esposta sotto la pensilina dell’autobus: non ci sono altre banche. Non lì intorno, almeno, e domani è domenica.
Bene.
Saltare il pasto non mi preoccupa - ho fatto una colazione robusta e anche a pranzo non mi sono negato il cibo - ma a questo punto non so come pagherò la pensione… Mi aggiro per le strade deserte finchÉ non mi imbatto in una locanda. Entro e la prima cosa che noto è un forte odore di brontosauro bollito. La seconda cosa che attrae la mia attenzione sono gli avventori: tre ragazzi, un uomo e un vecchio che si rivela essere il proprietario del "locale".
Sono seduti intorno a una delle panche di legno e giocano a carte. Spero di non essere io la posta. Cerco di spiegargli la mia situazione, ma il quintetto non brilla nÉ per perspicacia nÉ per espansività. Nei loro sguardi intuisco il desiderio di vendicare, dopo anni di paziente attesa, tutte le sconfitte subite dall’Austria a Giochi Senza Frontiere. Morale: esco dalla locanda del buonumore senza scellini, senza cibo e, quel che più mi rode, senza aver potuto assaggiare la birra che spumeggiava invitante nei loro boccali.
Ritorno al mio sottotetto che sono zuppo, infreddolito e digiuno.
Mi aspetta una notte di "Stan" e sport invernali e, come se non basasse, domani
dovrò saldare il conto con una libbra di carne. Ci siamo sentiti al telefono con il Molesto
e anche loro sono bloccati prima del Brennero dal maltempo.
Solo un pensiero mi consola: poteva andare peggio.
Poteva esserci Ciccio qui con me.