La strada statale 472 “Bergamina” è una normalissima strada a due corsie che serpeggia fra i campi del Bergamasco. Se non serpeggiasse, l’unica cosa che potrei raccontarvi della 472 è che su di essa si trova il confine fra i paesi di Dovera e Pandino e che, all’andata, questo fatto mi aveva regalato momenti di sincero spasso, portandomi ad immaginare giochi di parole più o meno arguti, tipo:
“Dov’era andato Canaro, venerdì?”
“Dovera”
“Eh, appunto: dov’era andato?”
“Dovera!”
…
oppure:
Un uomo che andava a Caravaggio aveva parcheggiato la sua Panda 30 proprio sul confine fra Dovera e Pandino: dov’era il pandino, a Dovera o Pandino?
Ma la 472 serpeggia e per ciò eccomi qui a raccontarvi altro.
Sono da poco passate le 22:00 di venerdì e sto rientrando a Roma.
Guido piano, ché per la testa ho i casi miei.
Il traffico è praticamente assente e, nei campi ai lati dell’asfalto, una leggera nebbia diffonde la luce della luna piena.
Davanti a me, una curva a destra e poi un altro rettilineo su cui procede un’auto in direzione opposta alla mia.
Non mi sembra che stia correndo: 80, 90 all’ora al massimo; malgrado ciò, quando arriva alla curva, va lunga e finisce con le ruote di destra sull’erba.
Sterza di colpo per non finire fuori strada e il suo muso punta dritto alla mia carreggiata.
Guardo a destra, cercando di capire se c’è modo di schivarla, ma tutto il mio spazio di manovra si riduce a una corsia di emergenza puramente simbolica e a circa un metro di erbetta, poi c’è un fosso.
Fra un frontale e un fosso, decido che sia meglio il fosso, ma è una decisione che per fortuna non devo mettere in pratica, perché, quando torno a guardare in avanti, mi accorgo che il guidatore è riuscito a riprendere il controllo e a rimettere l’auto in carreggiata.
Mentre mi passa accanto mi chiedo cosa possa essere successo: sono solo le 22:30 e mi sembra un po’ presto per essere ubriachi o strafatti al punto da non riuscire a tenere una macchina in strada.
Magari era solo distratto e non ha visto la curva.
Faccio appena in tempo a pensare ciò, che nel buio del mio retrovisore succede una cosa strana: il rosso delle sue luci di posizione diventa il bianco dei suoi fari, i fari si scambiano di posto due o tre volte, poi si alzano a un paio di metri da terra e lasciano di nuovo il posto alle luci di posizione.
In effetti, se uno comincia a bere o a drogarsi appena finito di cenare..
Rallento e mi chiedo se sia il caso di fermarsi e tornare indietro.
Guardo di nuovo nello specchietto e non vedo nessuna traccia di fuoco, solo i fari di tre auto che stanno arrivando sul luogo dell’incidente.
A posto: ci penseranno loro a finirlo, se necessario.
Proseguo, indifferente come la luna, e quando realizzo sono già in autostrada.
Sono vivo per un caso.
Se non avessi fatto una seconda domanda al ragazzo che mi ha spiegato come uscire da Treviglio, sarei stato più avanti e ci saremmo scontrati dopo la sbandata; se il mio interlocutore si fosse dilungato un po’ di più, sarei arrivato in ritardo e lui mi sarebbe ruzzolato sopra dopo la seconda curva.
Certo, non posso essere sicuro che non sarebbe stata proprio questa la soluzione migliore: magari andavo a finire in ospedale, mi innamoravo di una bellissima infermiera, scrivevo “Addio alle armi” e alla fine mi davano il Nobel… chi può dirlo?
Tutto può succedere.
Anche l’ipotesi più probabile, però.
Mi sento stanco, vorrei fermarmi a dormire: quanto manca, al prossimo autogrill?
È una notte bellissima.
I TIR nelle piazzole d’emergenza sembrano navi alla fonda.